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Le grandi utopie possono diventare realtà se ci sono uomini e donne che al di là dei propri interessi personali Altiero Spinelli fu uno di questi…

Una tomba senza orpelli né titoli è quella in cui riposa a Ventotene Altiero Spinelli.  L’abbiamo vista in televisione quando Merkel, Holland e Renzi sono andati ad onorare uno dei più convinti assertori dell’Europa unita. Quell’ultima dimora è un segno di umiltà che ben può identificare la vita di un politico che  ha sempre combattuto per i propri ideali.

Il ritorno al passato, alle radici, fa bene sempre se però lo si fa per mettersi in discussione, per capire le motivazioni che hanno spinto i nostri predecessori a fare certe scelte. Le grandi utopie possono diventare realtà se ci sono uomini e donne che al di là dei propri interessi personali, in alcuni casi rimettendoci con il carcere o con l’emarginazione sociale, portano avanti le loro “visioni”. Altiero Spinelli fu uno di questi insieme a tanti che la storia purtroppo non ricorda. Il Manifesto di Ventotene, che porta il titolo Per un’Europa libera e unita , fu scritto insieme a Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann. A rileggerlo sembra redatto oggi: “La linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari cade… lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale… e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l’unità internazionale”. Insomma, prima di tutto l’Europa.

Di errori in questi anni per la costruzione dell’Europa ne sono stati fatti tanti. L’interesse nazionale ha prevalso su quello dell’Europa Unita, creando di fatto sperequazioni tra gli stati forti e quelli deboli, che è proprio l’incontrario dello spirito con cui i fondatori ipotizzavano la “nuova Europa”. La Brexit è forse la prova provata di cosa significa l’Europa per alcuni stati: rafforzarsi economicamente, quando è possibile, ma mantenere intatta la propria identità nazionale. L’Europa per molti è una “mammella da mungere” e quando la vacca non fa più latte la si può abbattere senza alcun problema.

L’uscita della Gran Bretagna dall’UE può essere il trampolino di ri-lancio della nuova Europa, che prima di tutto deve riuscire a “ripensarsi” nello spirito di Ventotene. Non una “cosa” burocratica che prova a cambiar tutto per non cambiare niente, dove la politica, leggi Parlamento, è un bell’orpello incarcerato dalle volontà nazionali. Così non si andrà da nessuna parte: i litigi aumenteranno e gli egoismi nazionali diverranno sempre più forti fino al punto da far implodere tutto. Bisognerebbe avere il coraggio politico di dare al Parlamento europeo poteri totali ad esempio per quanto riguarda le politiche di difesa, la politica estera, la cultura e soprattutto l’immigrazione. E’ questo oggi il vero problema che rischia di far saltare l’Europa. Angela Merkel su questo tema si sta giocando la ricandidatura a Cancelliera.  Prima del vertice di Bratislava del 16 settembre frau Angela sta sondando i vari governi dell’Ue per trovare una linea unitaria: ma le resistenze sulle “politiche dell’accoglienza” e della ripartizione dei profughi sono tante, quasi insormontabili. Pensare però che tutto si risolva chiudendo le frontiere è un’assurdità pericolosa. Di errori nel passato ne sono sati fatti tanti su questo fronte, a partire da iniziative non concordate, e soprattutto meditate, circa l’abbattimento di regimi totalitari, nella convinzione sbagliata di poter così creare nuove forme di democrazia. Le esperienze, negative, passate qualche cosa ci dovrebbero insegnare. Non è più il tempo di un’Europa a tante velocità (anche di pensiero). E’ il tempo di provare a realizzare quello che c’è scritto nel Manifesto di Ventotene, vecchio di tanti anni, ma attualissimo. E’ il tempo di rilanciare la Costituzione dell’Europa unita.

di Elia Fiorillo