non c'è libertà senza passione!

Palermo piange Carmela Petrucci, morta a diciassette anni per difendere la sorella

di Giuseppina Amalia Spampanato

foto di Teresa Mancini

foto di Teresa Mancini

Quando una ragazza di diciassette anni muore sotto i colpi di un fendente per proteggere la sorella dalla furia omicida dell’ex fidanzato, capisci quanta strada ancora ci sia da percorrere affinché nella nostra cultura si radichi il principio che amore e violenza sono due cose diverse: amore non significa possesso e potere, amore non vuole la morte dell’altro ma la sua vita, la sua felicità, la sua libertà.

Carmela Petrucci è stata uccisa sull’androne di casa, in un palazzo di via Uditore 14, a Palermo, mentre difendeva sua sorella Lucia, anche lei ferita, ma non in pericolo di vita, dalle coltellate dell’ex fidanzato. Il presunto assassino, Samuele Caruso, ventiduenne, non avrebbe accettato la fine della sua relazione con Lucia: così, una storia nata su Facebook e durata pochi mesi, avvelenata dalla gelosia e dal possesso, è costata la vita a una giovane donna.

Carmela è l’ultima vittima innocente di un sistema di disvalori e follie umane, avallate spesso da leggi che non sempre assicurano alla giustizia gli assassini, escamotage giudiziari per scontare il meno possibile in galera e incertezza della pena che non fa desistere dal compiere gesti efferati. Al processo magari si tenteranno perizie per dimostrare che l’assassino non era nel pieno delle sue facoltà, nonostante sia sceso di casa armato per quello che sembra a tutti noi, poveri incompetenti, un omicidio volontario premeditato. Oggi, però, quello che noi possiamo e dobbiamo fare è invitare ogni vittima di violenza a denunciare il suo aggressore, nonostante sia difficile, nonostante si abbia paura di farlo.

Un uomo (o una donna) non diventa mai violento all’improvviso, da un giorno all’altro, senza aver mai dato segnale dei suoi disagi, della sua rabbia incontrollata, della sua gelosia morbosa. Uno strattone, uno schiaffo, una minaccia, l’uso violento delle parole sono segni evidenti di una relazione malata e non hanno nulla a che vedere con i sentimenti. Alla base di una qualsiasi relazione deve esserci rispetto: quando questo viene a mancare, non può esserci affetto, non ci si può più illudere di cambiare l’altro.

Spesso l’errore che si commette è quello di giustificare le azioni violente del partner credendo siano provocate dall’esasperazione, da un cattivo comportamento della vittima, ma la verità è che nulla può mai giustificare un solo schiaffo. Bisogna, perciò, trovare il coraggio di allontanarci da persone violente, di denunciare abusi e soprusi in casa, sul posto di lavoro, per strada. Nessuno ha il diritto di rendere la vita di un altro un inferno, nessuno ha il diritto di spezzare una vita in nome di un amore non ricambiato, ma, soprattutto, ognuno di noi ha, invece, il diritto e il dovere di proteggere e tutelare la propria vita. Esistono centri d’ascolto, gruppi coraggiosi e tenaci che non lasciano soli chi denuncia i propri carnefici ed esiste la giustizia, che, per quanto a volte faccia errori, ha anche tantissimi rappresentati onesti e attenti che fanno applicare correttamente le leggi.

Non bisogna aver paura, altrimenti quella paura divorerà in ogni stante la nostra vita.