Sono tornato alla Villa di Poppea, a Torre Annunziata, qualche giorno dopo la visita della cancelliera tedesca Angela Dorothea Merkel, per rivedere quei luoghi a me familiari. Da ragazzo ci passavo ogni giorno per andare alle scuole superiori. E mi affacciavo da un muretto per sbirciare a che punto fossero le operazioni di scavo. Siamo nell’anno 1964 quando ripresero i lavori cominciati nel 1700. Noi italiani in fatto di tempestività d’azione siamo un po’ lenti, per usare un eufemismo.
Non ci fu il tempo per scappare quel 24 agosto del 79 d.C.. Quel giorno, dopo cinque secoli di calma, il Vesuvio si risvegliò e distrusse, con una violenta eruzione esplosiva, tutto quello che aveva intorno, compresa la bella villa di Poppea. La sotterrò con quattro e più metri di varie sostanze vulcaniche: cenere, lapilli, pomici, ecc.. Nel ricordare questa enorme tragedia vengono in mente le iniziative di Marco Pannella e dei Radicali che da anni vanno ripetendo che il Vesuvio non dormirà per sempre e che il congestionamento territoriale, fatto di abusivismo ed incuria, potrebbe portare una tragedia immane. La risposta che viene data in privato pare sia una serie di scongiuri napoletani dal sicuro effetto.
La turista Angela, insieme al marito, ha potuto ammirare la bella panoramica della villa che si ha dall’alto. Basta un sol colpo d’occhio per rendersi conto dell’imponenza e della sontuosità della dimora che appartenne a Poppea Sabina. Peccato che proprio l’entrata originaria non è possibile vederla, fu distrutta nei lavori compiuti nel ‘500 per la costruzione di un canale artificiale. La Frau cancelliera, nel grande scavo archeologico, forse ha immaginato d’essere stata invitata ad un pranzo organizzato da Poppea. Con l’immaginazione si è spinta a circa 2000 anni indietro mentre la villa brulicava di vita. Lei e suo marito sono attesi e festeggiati da due schiavi che fanno gli onori di casa. Angela e il suo compagno vengono subito colpiti dal gran giardino dove spiccano in tutta la loro mole, ben allineati, platani dalle foglie palmate. Attraversando un porticato – che s’affaccia sul gran giardino esterno – dal pavimento a mosaico, con tessere bianche e nere e con colonne rivestite d’intonaco bianco con sottili scanalature, eppoi altri ambienti, si trovano nell’atrio, con l’impluvium al centro del pavimento. Rimangono colpiti dalla maestosità dell’ambiente e soprattutto dalle pareti affrescate in secondo stile. Altri ospiti li attendono nei pressi del giardino interno, viridarium. Insieme agli altri invitati si avviano, scortati dagli accompagnatori, al luogo del convivio. Qualcuno si domanda dove si pranzerà, in quale sala. La risposta è che si pranzerà nel triclinio, perché il salone per i banchetti è utilizzato solo nelle grandi occasioni, in particolare quando l’imperatore viene ad incontrare Poppea.
La sala da pranzo s’affaccia su di un portico dalle colonne con decorazioni a squame bianche e rosse. I letti tricliniari sono disposti in bell’ordine lungo le tre pareti della sala, mentre al centro troneggia la mensa. Le pareti sono tutte affrescate con decorazioni in secondo stile. Vi sono raffigurate colonne di marmo colorato, passaggi, giardini, porte sbarrate, cancelli, pietre preziose, tempietti con statue di divinità femminili ed ancora colonnati prospettici. Il soffitto è a volta mentre sul pavimento fa un bell’effetto un mosaico che raffigura un meandro policromo. Una vera meraviglia. Qualcosa in comune Frau Merkel c’è l’ha con Poppea. Il carattere determinato che non si ferma difronte a nessuno. Non era uno stinco di santo Poppea Sabina, ma quella morte così atroce- vero e proprio femminicidio – infertale dal marito Nerone, con un calcio sul grembo gravido che uccise lei e la creatura che portava dentro, al di là dei suoi misfatti, non se la meritava.
Un gioiello del genere, appunto la villa della moglie di Nerone, uno pensa che sia invaso letteralmente dai turisti. E invece no. Pare che nel 2012 la media dei visitatori sia stata di 81 al giorno, di cui solo cinque paganti. Di contro i custodi ed addetti che lavorano alla Villa sono trentotto. Alle 11 del passato Venerdì santo, quando sono ritornato a visitare i luoghi a me cari, di visitatori ne ho contati una quindicina.
Forse sollecitato dalla visita della signora Merkel, anche il ministro dei beni culturali Franceschini è venuto a Pompei ad inaugurare tre domus riaperte al pubblico ed ha seguito l’esempio della cancelliera nel pagare il biglietto d’entrata per lui e per il suo seguito. Il ministro, in merito all’utilizzo dei privati nella gestione e salvaguardia dei beni culturali del nostro Paese, ha affermato:«Ho ricevuto l’ambasciatore del Kuwait, lo sceicco Ali Kahled Al-Sabah. Il loro interesse nei riguardi di Pompei è forte e sincero. Questi incontri, però, saranno sicuramente più produttivi quando avremo elaborato la convenzione tipo. A quel punto non ci saranno più scuse, i gruppi stranieri, così come le imprese italiane che in questi ultimi tempi hanno annunciato alla stampa la loro intenzione di sostenere Pompei, troveranno interlocutori certi e strumenti affidabili».
Ci permettiamo di suggerire al Ministro – come abbiamo fatto da queste colonne con il suo predecessore – un’operazione che non costa. Una commissione formata da cinque esperti mondiali – inconfutabili nel loro sapere e nella loro autonomia – nel campo della conservazione dei beni culturali, ma anche della loro valorizzazione, che ipotizzi un percorso non solo di mantenimento, ma anche di fruizione e di gestione. Sarà il Parlamento, poi, in base ai risultati dei lavori dei cinque saggi-esperti a varare una legge decennale sui Beni culturali del nostro Paese. I saggi dovranno, in particolare, tenendo conto anche dell’esperienza degli altri Paesi, ipotizzare un modello di governo che sia efficace ed efficiente, non escludendo ideologicamente i privati. Insomma, inventarsi qualcosa che faccia rendere godibili certi beni anche ai nostri posteri. Questa è la scommessa, assolutamente da vincere.
di Elia Fiorillo