non c'è libertà senza passione!

biblioteca Vallicelliana, Sindacato Nazionale Scrittori – Sezione Lazio

Mercoledì 18 aprile – ore 17.00

Incontro con Anna Maria Mazzoni. Intervengono  Annabella Gioia e Cesare Milanese Coordina Claudia Pagan

…..e allora le donne… avranno occhi d’oro, avranno capelli d’oro. …il giorno in cui tutti, le donne e gli uomini riscopriranno la poesia del loro sesso. Questo giorno verrà, in cui saremo liberi da tutto, da questa sporcizia, da questa miseria. E saremo liberi, più liberi di qualsiasi libertà a cui abbiamo mai pensato. Saremo molto più liberi. E cadrà tutto ciò che ora ci fa a pezzi. Non saremo più malati, saremo liberi. Saremo liberi gli uni con gli altri, uomini e donne. E riscopriremo la gentilezza, e riscopriremo l’amore, e questa sarà la nostra libertà.

Queste parole di Ingeborg Bachmann, scritte tre mesi prima della sua morte, possono essere lette come una dedica, quasi un lascito, una eredità per le donne protagoniste negli anni settanta di un grande movimento.

Bachmann, Morante, Rosselli a Roma durante il Movimento di Anna Maria Mazzoni
Bachmann, Morante, Rosselli a Roma durante il Movimento di Anna Maria Mazzoni

Il femminismo stava trasformando la vita e la coscienza di molte di loro e questo testo della Bachmann è quasi un inno alla “liberazione”, un nodo cruciale del pensiero femminista che intendeva superare con l’emancipazione ogni forma di omologazione al maschile.

“La donna non va definita in rapporto all’uomo”, sosteneva il Manifesto di rivolta femminile già nel 1970. Ed era molto più di uno slogan o di una presa di distanza dall’universo maschile, era la consapevolezza di voler superare i modelli tradizionali ed affermare la propria “differenza”, la propria specificità femminile.

“L’uguaglianza tra i sessi è la veste in cui si maschera oggi l’inferiorità della donna”, così si esprimeva Carla Lonzi, una filosofa del femminismo.

In questo lavoro Anna Maria Mazzoni ci mostra due percorsi paralleli quello collettivo, del movimento, protagonista a Roma di una stagione “felicitante”, e quello individuale, doloroso, poetico di tre intellettuali che attraverso la scrittura e la poesia sfidano il loro tempo: Ingeborg Bachmann (1926- 1973), Elsa Morante (1912-1985), Amelia Rosselli (1930-1996).

Tre esistenze non direttamente coinvolte nel movimento, come raccontano le parole della Bachmann: “…mi separo dal tempo: un fantasma tra fantasmi che avanzano”, mentre la Morante dice che per una scrittrice “…l’avventura della realtà è sempre un’altra.”

Perché allora questo accostamento che, al di là di una coincidenza temporale, sembra destinato a restare su linee parallele? Credo che mettere in evidenza per contrasto il percorso di esistenze femminili separate e diverse riesca a ricomporre l’intero. Se le piazze erano festose e colorate le protagoniste di allora vivevano laceranti contraddizioni. L’utopia che veniva gridata nelle manifestazioni implicava l’impegno per ciascuna a decostruire il modello femminile tradizionale e ciò comportava rotture, scelte dolorose e difficili nei rapporti individuali, nel delicato equilibrio tra ragione e sentimento che rappresentava la “pratica politica” di allora. Oltre alla dimensione della felicità collettiva c’era anche il momento dell’analisi introspettiva, dello scavo nel proprio vissuto per riportare in superficie l’autentico senso di sé. Si trattava di un percorso nuovo, con incognite e spesso senza mete rassicuranti, quindi una scelta di non facile realizzazione. La metodologia del partire da sé fu allora fondamentale, ruppe la separazione tra pubblico e privato, produsse una ricchezza di pratiche e di pensiero.

Ma si trattava per lo più di una riflessione fatta insieme ad altre donne mentre l’arte delle nostre tre protagoniste è solitaria, nasce da anime inquiete, da scelte di vita autonome e dense di significato. I loro scritti e le loro poesie intercettano molti dei temi del femminismo e se la dimensione esistenziale sembra trasfigurarne la portata e il pensiero, sono tuttavia un patrimonio culturale prezioso che ha valore anche in quanto scrittura “femminile”.

In un testo pubblicato nel 1972 dal gruppo milanese di “Anabasi” dal titolo Donna è bello si poteva leggere: “Vogliamo scritti delle donne non sulle donne”, era il rifiuto di ogni dimensione paritaria che dava significato e riconosceva valore al femminile nella cultura.

Dunque la proposta di questo percorso parallelo ci sollecita a ripensare quella stagione, a rileggere quelle pagine intense di poesia come l’espressione di una consapevolezza profonda e di una inquietudine femminile capace di restituirci lo “spirito del tempo”.

Le biografie stesse delle tre intellettuali, ricostruite anche con brani di diari e lettere, ci immergono subito in esistenze straordinarie fatte di incontri, di amicizie fuori dal comune e di legami culturali importanti.

Il libro è un “montaggio a sequenze alternate” di foto gioiose di manifestazioni, di antagonismi, di intense esperienze collettive che attraversavano le strade, le piazze della capitale e l’esperienza di molte donne. Ne risulta una ricostruzione di alcuni avvenimenti del movimento romano che propone da un lato un percorso temporale e dall’altro un accostamento per contrasto o per affinità con episodi tratti dalle biografie o dagli scritti delle tre autrici cui è dedicata il volume.

Non si poteva non iniziare da piazza Campo dei Fiori, con la manifestazione dell’8 marzo 1972 che venne caricata dalla polizia. Sullo striscione si legge “Non c’è rivoluzione senza liberazione”, un messaggio chiaro che segna il distacco, la presa di distanza dai movimenti politici precedenti, dal 1968, al quale anche le donne avevano partecipato, per poi individuarne i limiti e scoprire insieme la necessità di andare oltre quel tipo di militanza.

“Il personale è politico” così scandiva uno slogan che alludeva ad un’altra pratica politica, ad un’altra presa di parola.

Altre immagini arrivano da piazza Farnese, da via del Corso, da piazzale Clodio e da piazza del Gesù; siamo nel periodo più vivace, il 1972-76, che segna la maggiore estensione dei collettivi e del movimento di massa. Gli striscioni parlano di autodeterminazione, soprattutto nella sfera sessuale e della contraccezione: “Diciamo no”, “D’ora in poi decido io”, “Vogliamo decidere quando essere madri”. Erano slogan dirompenti che avevano coinvolto anche le più giovani e si estendevano in altri ambiti di lotta. Nella scuola, il coordinamento delle studentesse gridava “Nelle scuole lottiamo – nei ghetti non ci stiamo”. Un altro terreno di lotta era rappresentato dalle occupazioni di case nella periferia romana, le belle immagini di Tano D’Amico mostrano donne combattive, di ceti diversi, solidali nelle occupazioni alla Magliana, a San Basilio, a Casalbruciato e sulla Tiburtina.

Nel 1974 era uscito in Italia Noi e il nostro corpo un libro di un collettivo femminista di Boston che divenne una lettura obbligata. Nascevano allora i centri sulla salute della donna, i “Consultori autogestiti”, aperti a tutte per una sessualità e maternità consapevoli.

In questo clima Elsa Morante pubblicava La Storia che ha al centro il tema della maternità, il rapporto madre-figlio, la sua scrittura guarda ai giovani, agli esclusi della storia. Dunque una interlocutrice del movimento, come lo poteva essere Amelia Rosselli che con la sua poesia visionaria, la sua metrica musicale è stata l’unica ad essere ascoltata nel Festival internazionale della poesia a Castelporziano nel 1979, percorso da continue contestazioni.

Musica e dolore univano a distanza la Rosselli e la Bachmann, come pure la depressione e il disturbo psichico. Così si esprimeva la Bachmann: “La follia, i nervi, sono queste le sconfitte visibili in un mondo totalmente sano… sono dunque i malati quelli su cui contare, coloro che ancora non hanno perduto il senso dell’ingiustizia e del mostruoso”. E la Rosselli: “Non era dunque la natura divina delle cose che scuoteva il mio vigoroso animo ma la malinconia.”

La teoria della soggettività femminile attraversava tra gli altri saperi anche la psicoanalisi, non va dimenticato che quelli erano gli anni della “rivoluzione” di Basaglia, dell’abolizione dei manicomi come luoghi di segregazione.

Dopo l’efferato delitto del Circeo il tema della violenza sulle donne divenne centrale nelle mobilitazioni femministe. La prima grande manifestazione notturna risale al 1976 con il titolo “Riprendiamoci la notte”, gli slogan più urlati: “La notte ci piace, vogliamo uscire in pace” e “Stasera sono uscita a riprendermi la vita”.

Il problema della violenza non restava solo al centro delle manifestazioni, iniziava allora, con la raccolta di firme, il percorso della legge contro la violenza sessuale. Per la prima volta l’intervento politico delle donne si poneva in dialettica con le istituzioni, un confronto problematico che si scontrava con la pratica separatista. La proposta di legge, presentata nel 1979 ebbe una vicenda legislativa lunga e tormentata che si concluse solo nel 1996.

Altre immagini però ci ricordano il 1977, gli scontri tra movimenti e polizia, l’uccisione di Giorgiana Masi. Gli anni di piombo segnarono una svolta irreversibile, violenza e repressione non lasciavano più spazi per le donne, iniziò allora la crisi della politica come progetto collettivo.

Tuttavia, se il femminismo non sarà più visibile nelle piazze, la sua diffusione a livello culturale, di costume andrà oltre la crisi e, come scrive Anna Rossi-Doria, “continuerà a vivere in molteplici forme, soprattutto culturali, ricche e varie, che sfoceranno in iniziative associative e istituzionali i cui frutti si raccolgono ancora oggi.”

Annabella Gioia

Annabella Gioia, ricopre dal 1996 la carica di Direttore scientifico dell’Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza; la sua ultima pubblicazione Donne senza qualità. Immagini femminili nell’Archivio storico dell’Istituto Luce (FrancoAngeli 2010).

Anna Maria Mazzoni, è nata a Portomaggiore (Ferrara) e risiede a Roma.Ha lavorato a Zurigo come assistente delle emigrate italiane e, dopo una lunga esperienza lavorativa all’Alitalia,ha fondato conaltre donne una cooperativa artigianale. Attualmente lavora volontaria presso un istituto che ospita ragazze straniere prestando sostegno allostudio. Si interessa del rapporto parola e musica. Ha scritto su giornali di movimento. Con Campanotto ha pubblicato: Lettere a colleghe in sosta durante il Comitato di Lotta degli Assistenti di Volo dell’Alitalia del 1979,i libri di poesia: Ascolto, Mediterraneo e il testo di poesia e prosa Amore e Provocazione.