non c'è libertà senza passione!

di Elia Fiorillo

Per uno che per tutta una vita è stato definito “l’uomo nuovo” di qualcosa, dell’imprenditoria eppoi della politica, correre il rischio di passare per un vecchio imbolsito che a tutti i costi vuol tornare sulla scena quando ormai la recita è cominciata e la sua parte non c’è più, è cosa triste. Il traccheggio di Silvio Berlusconi sull’esserci o non esserci alle prossime elezioni sta danneggiando il Pdl, ma soprattutto lui medesimo. Il “Causeur icastico e sanguigno, lottatore nato, a suo agio in qualunque lizza” – come lo dipingeva Roberto Gervaso in un libro del 1978, quando il cavaliere aveva quarant’anni -, pare sia scomparso. Nessuno mette in dubbio per il momento le sue capacità di tempismo e di realismo. Ma allora, che sta avvenendo? Dove sta il decisionismo del fondatore di Forza Italia che nel bene e nel male è stato l’artefice principale della nascita della Seconda Repubblica e, comunque, di un modo nuovo di fare politica?

Sempre Gervaso, nel suo libro-intervista, affermava che <Un famoso banchiere ha detto di lui (Berlusconi n.d.r.): “Possiede l’umanità di Borghi, la fantasia di Mattei, la grinta di Monti”. Ad una domanda impertinente di Gervaso su quale partito avrebbe votato, siamo a quasi trentacinque anni fa, la risposta del futuro politico, eppoi premier, è secca e convinta. Lui avrebbe votato “per un partito che sapesse esprimere giovani onesti, capaci di fare e disposti ad andarsene in caso di insuccesso”. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti. Ha fondato un partito, poi una grande aggregazione. E’ stato più volte presidente del Consiglio. E’ stato lui a decidere il suo successore alla guida del Pdl in Angelino Alfano. Un giovane che si propone di rinnovare il Pdl con la ricetta dell’onestà, della competenza e anche della responsabilità e, ovviamente, di lasciare campo libero in caso d’insuccesso. Che senso ha, allora, ipotizzare e registrare nuovi marchi elettorali, per una prossima possibile discesa in campo, quando l’uomo che hai scelto sta provando a mettercela tutta per salvare il salvabile? Che senso ha, se l’obiettivo è vincere sulla sinistra, disgregare invece di provare a rifondare?

Nella vicenda Berlusconi-Alfano sembra ripetersi un cliché vecchio come il mondo, dove il papà fondatore dell’impresa, che ha deciso di lasciare al figlio più promettente le redini della gestione, mano mano che quest’ultimo prova a fare il suo mestiere, a innovare, a guardare il mondo con occhi nuovi, in lui nasce un rabbuiamento, una sorta di rancore. Per l’età sua che avanza inesorabile, ma anche per la sua marginalità strategica che comincia ad avvertire. Non a caso Angelino Alfano ha puntato sulle primarie. Per un partito come il Pdl tutto centrato sul capo indiscusso le primarie sono una vera rivoluzione culturale: una svolta. Insomma, il dopo senza il Cavaliere che domina il popolo della libertà. Certo, anche lui, l’Angelino, sbanda alle bordate del fondatore ed ipotizza l’annullamento delle primarie se Silvio scendesse in campo. Poi precisa, in diretta televisiva, che se il fondatore del partito si candida, tutto può cambiare ed è l’ufficio di presidenza a decidere il da farsi. Tra una parola d’affetto a Berlusconi ed un’altra però ci sono – non a caso – affermazioni perentorie e, cioè, che la democrazia deve trionfare nel Pdl, che lui ha mille comitati di base a suo sostegno, che uniti si vince e conviene a tutti, ovviamente al Capo carismatico in primis, trovare la formula per ritornare a governare il Paese.

La vittoria alle primarie di Alfano rappresenterebbe una vera legittimazione che lo affrancherebbe dal papà-capo. Significherebbe, in sostanza, una svolta che metterebbe da parte non tanto Berlusconi, ma soprattutto il “cerchio magico” che questi ha intorno e che prova a tirare i fili dell’amor proprio del Cavaliere, della sua insostituibilità per restare a galla. Una cosa del genere già si e’ vista nella vicenda Bossi. A Berlusconi non resta troppo tempo per decidere sul da farsi. Il rischio di essere il carnefice della creatura che ha creato è grande, ma forse i messaggi che sta mandando sono più avvertimenti ai suoi che convincimento di fare un nuovo partito. Con molta probabilità i risultati delle primarie del Pd lo faranno riflettere e decidere che anche il Pdl deve scegliere con il voto il suo leader, costi quel che costi.