non c'è libertà senza passione!

Strategie comunicative: quando, invece, di rispondere alla sostanza delle domande,

ci focalizziamo sulla forma, deviando l’attenzione dai temi seri.

di Giuseppina Amalia Spampanato

Caivano

Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, lo scorso giovedì, 18 ottobre, durante un incontro in prefettura per denunciare l’allarme dei rifiuti tossici in Campania è stato ammonito dal prefetto di Napoli, Andrea De Martino, per essersi rivolto al prefetto di Caserta, Carmela Pagano, chiamandola semplicemente “signora” e non “signora prefetto”. Ritenendola una grave offesa e una forte mancanza di rispetto per le istituzioni, il prefetto ha pensato bene di redarguire il parroco perdendo la pazienza e alzando i toni. Sarà anche giusto richiamare un cittadino a usare il corretto linguaggio per interloquire con le istituzioni, ma, per coerenza, ci aspetteremmo che anche l’altro interlocutore adoperi un corretto linguaggio (non sbagliando i congiuntivi e scivolando su un “se io la chiamerei signore, lei come reagirebbe?”) e, soprattutto, lo stesso rispetto che si richiede, altrimenti si rischia di pretendere qualcosa che non si è inclini a dare per natura.

Se dinanzi ad un onestissimo parroco anticamorra, da anni impegnato sul territorio per portare alla ribalta un tema civile e sociale importantissimo, in una discussione che spera sia costruttiva, un egregio signor prefetto alza presuntuosamente i toni per attaccarlo su un appellativo per nulla offensivo, si ha l’idea di trovarci dinanzi alla messa in scena di una banalissima strategia comunicativa: distrarre l’interlocutore da ciò che sta dicendo, mortificarlo e scegliere un pretesto per portare l’attenzione di tutti su altro. Al signor prefetto verrebbe da chiedere: ma non è altrettanto, se non più, irrispettoso che un’istituzione pubblica, quale quella che Lei rappresenta, si rivolga con quella superbia e quei toni a un parroco, che prima ancora è un cittadino, che sta sottoponendo alla Sua attenzione un problema civico d’interesse comune e che da anni e anni le istituzioni non risolvono come dovrebbero? Mentre noi respiriamo veleni e mangiamo prodotti nati da una terra martoriata dai rifiuti tossici, un rappresentante delle istituzioni può non apprezzare l’impegno quotidiano di Don Maurizio e attaccarlo in modo così meschino e becero?

L’arroganza e l’abuso del potere in questa vicenda non fanno che aumentare il divario tra la cittadinanza e le istituzioni: come possiamo identificarci, sentirci tutelati e protetti da uno Stato che, invece, di rispondere e intervenire concretamente sul territorio, perde giorni a innescare una sterile polemica sull’appellativo “signora”? Cosa ancora più triste è che ora ci ritroviamo anche noi a parlare di forma e non di sostanza. In rete serpeggiano i video dell’accaduto, ci si schiera pro o contro il parroco e il prefetto e, intanto, in qualche fiume stanno continuando a versare rifiuti tossici, qualcuno starà vendendo la propria terra per seppellirci sotto l’introvabile, qualcun altro starà scaricando gomme e altri rifiuti in una desolata campagna, una casalinga poco attenta starà ignorando la differenziata e tutti noi stiamo continuando a respirare veleno e a mangiare immondizia. Questa è l’Italia in cui viviamo, questa è l’Italia che scegliamo di lasciare ai nostri figli: un Paese in cui ci si preoccupa delle etichette e dei titoli e non della tutela dei cittadini. Un paese in cui “signori si nasce”, ma qualcuno non “lo nacqu(e)”, evidentemente.

Ora sta a noi scegliere: possiamo continuare per altre settimane a parlare di forma, oppure scendere nella sostanza delle cose e accompagnare Don Maurizio nella sua e nella nostra battaglia. Ognuno nel suo piccolo faccia la sua parte. Questa è la Nostra Terra e va difesa e tutelata, ad ogni costo. L’augurio è che questo incidente diplomatico, o meglio linguistico, serva a far accendere i riflettori su quanto sta accadendo da anni nelle province di Napoli e Caserta, nella “terra dei fuochi”, dove ogni giorno sono accesi roghi tossici per bruciare ogni genere di rifiuto sotto lo sguardo di autorità competenti e istituzioni.