non c'è libertà senza passione!

Sempre più nella società moderna la formazione dell’opinione pubblica, nel bene e nel male, è affidata ai mezzi di comunicazione di massa. Dai giornali, alla televisione, alle agenzie di stampa, al web. Da come vengono proposti ed interpretati dai media i fatti, le notizie, così la pubblica opinione si “modella”, formandosi.

Ben si può comprendere allora come sia vitale per la democrazia che l’informazione fornita dai media non sia artefatta da interessi di vario genere: politici, economici, di potere tout court. I regimi non democratici quando arrivano a conquistare il “potere” cancellano in toto la libera informazione. È un’operazione matematica. “L’informazione è potere” e chi il potere l’ha conquistato in modo autoritario, e vuol mantenerlo, deve controllare i messaggi destinati al popolo, che in questo caso “sovrano” non lo sarà mai. Sovrano il popolo lo è solo dove la democrazia regna e dove l’informazione è pluralista. Ma anche in paesi democratici il rischio dei messaggi farlocchi è grande. Specie quando l’editoria è in poche mani. Quando l’imprenditore-editore fa più mestieri ed utilizza la proprietà editoriale per “spalleggiare-sostenere” (sic) le sue attività in altri settori. La lottizzazione della Rai, ovvero del servizio pubblico, ad opera dei partiti, non può suonare rassicurante per i cittadini sull’obiettività dei prodotti informativi. Ciò al di là della professionalità dei giornalisti che lavorano in Rai. È il meccanismo che diventa perverso e va a penalizzare spesso, tra gli altri, proprio gli addetti all’informazione, facendoli perdere credibilità nell’opinione pubblica.

Di queste tematiche si è discusso all’Assemblea nazionale delle cooperative, ed altre realtà non profit, tenuta all’Expo di Milano. Editoria ed emittenza tra innovazione, qualità, e pluralismo è stato il tema dell’iniziativa.

Certo, le tecniche per dare ai cittadini il diritto ad essere informati sono cambiate negli ultimi anni. Il passaggio al digitale ha significato rompere acquisiti schemi giornalistici. La rapidità con cui le notizie si propagano nel web è tale che il controllo delle “fonti” non è esercitato. E chi dovrebbe e potrebbe esercitarlo in mancanza di regole? Il web appare come una pentola dove tutto ribolle e dove il vero e il falso si fondono e confondono. Il futuro passerà sempre di più da questo canale, ma anche da imprese editoriali capaci di dare ai lettori un’informazione scrupolosa fatta da giornalisti. Sbaglia chi dà per morta la carta stampata. Ci sarà un suo ridimensionamento, un percorso rifondativo, ma non scomparirà. Non è un caso che aziende Usa che hanno avuto successo con Internet comprano giornali, non certamente per eliminare un concorrente.

Se è vero che il pluralismo dell’informazione è la linfa vitale per la democrazia, allora esso va sostenuto con adeguate risorse pubbliche, senza che ciò sia condizionante per la libertà con cui deve operare. I finanziamenti per l’editoria ci sono nel nostro Paese, ma vanno potenziati e meglio distribuiti. Sul tema così delicato c’è una mancanza di dibattito politico che preoccupa. E’ indice d’insensibilità sulla tematica che è vista più come un “favore” agli editori – possibilmente amici – che non una vera “necessità” per la comunità tutta. Pare che entro l’estate qualche provvedimento riguardante i giornali dovrebbe arrivare da Palazzo Chigi. In seguito dovrebbe essere varata la tanto attesa riforma del Servizio Pubblico. Il vero problema da superare nei finanziamenti all’editoria è la “straordinarietà” che non consente tranquillità operativa e di programmazione nel medio e lungo periodo. Un “fondo per il pluralismo dell’informazione” dovrebbe accorpare i mille rivoli, che pur ci sono, che finanziano l’editoria.

Non sono pochi i casi denunciati dall’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione della Stampa di media che sfruttano i giornalisti pur ricevendo il finanziamento pubblico. E’ una storia che deve finire con regole che tutelino gli addetti all’informazione e mettano fuori gioco chi fa cattivo uso delle risorse pubbliche. L’editoria così detta minore, non profit, quella che mette insieme in cooperative giornalisti e tecnici, va potenziata ed adeguatamente sostenuta. Queste sono le voci capillari, territoriali, del pluralismo informativo, che spesso aiutano il lettore a capire complesse dinamiche nazionali.

di Elia Fiorillo