di Elia Fiorillo
Dove ti giri ti giri trovi degli occhi che immobili ti fissano. E’ l’effetto delle diverse campagne elettorali – comunali, provinciali, europee – che hanno preso decisamente il via. Gli sguardi sono quelli dei candidati, femmine e maschi, che con i loro manifesti elettcorali chiedono, supplicano, invocano voti. Non sempre le facce sono rassicuranti. Non per colpa dell’aspirante consigliere comunale, provinciale o deputato europeo. Spesso è colpa del fotografo, o del soggetto che ha deciso la posa dell’eleggendo/a. Sorrisi sornioni che fanno un effetto agghiacciante sugli elettori. “Con quel sorriso lì, ai voglia a prenderci per il c…. colletto”, vien da pensare. C’è poi il meditatore: serio, distinto, occhio sbarrato rivolto verso il cielo e braccia conserte. “Solo il Padreterno lo può aiutare ad essere eletto; fa bene ad invocarlo!”. Le signore pare siano più a loro agio di fronte all’obiettivo del fotografo. Giocano molto sulla loro femminilità o, meglio, ci provano. Ma anche loro non scappano dagli stereotipi fotografici: posizione da predicatore, da decisionista, da ispirato, da brava persona timorata di Dio, da “datemi il potere che vi faccio vedere io….”. Va detto che per quanti sforzi uno faccia per notare la differenza tra i vari schieramenti in campo, in fatto di pubblicità elettorale, pare che ci sia un accordo segreto per l’omogeneizzazione delle positure. Per non parlare poi degli slogan elettorali: iperbolici, superlativi, immaginifici e…cretini. Umberto Eco, qualche decennio fa, fu designato quale presidente di una commissione che doveva ridefinire, ridisegnare l’emblema della Repubblica Italiana. Non se ne fece niente. E’ rimasto però il ricordo della prima regola che, molto intelligentemente, Eco propose alla commissione: il nuovo simbolo doveva essere inattaccabile dagli scherzi, doppi sensi, ecc.. Conoscendo l’arguzia, lo spirito degli italiani, volle mettere le mani avanti e fece bene. Non fu lungimirante il creativo, né la dirigenza dell’epoca della Democrazia Cristiana, che al compimento del ventesimo anno di fondazione di quella che diverrà la “balena bianca”, lanciò un manifesto con l’effige di una giovane donna con la scritta in bell’evidenza: “la D. C. ha vent’anni”. Banale, elementare, ma certamente efficace in quanto ad humour, l’aggiunta a penna che coprì il manifesto da Milano a Canicattì: “E’ ora di f…fregarla”.
Le scritte elettorali ci sono sempre state, da che mondo è mondo. Negli scavi dell’antica Pompei ne sono state trovate di molto interessanti. Allora, duemila anni fa, erano i sostenitori del candidato a preparare le réclame elettorali. Le varie corporazioni sostenitrici, ma anche singoli, affittavano poi dei pittori e li mandavano per la città a scrivere le lodi per i loro protetti. A Pompei la corporazione delle meretrici era forte ed autorevole e non mancava di sostenere candidati ad essa, per vari aspetti, vicini. Anche se la prostituzione era una professione legale, non deve essere piaciuta al candidato Caius Julius Polybius la scritta elogiativa che lo riguardava voluta da Zmyrina, prostituta del bar di Asellina. Noleggiato un decoratore lo spedisce in fretta e furia a smentire gli elogi imbarazzanti della ragazza . Sarà stata la prima smentita della storia? Forse. Qualche cosa d’intrigante, di particolare ci deve essere stato però nel personaggio di Julius, che pare fosse un semplice fornaio arricchito, se un’altra lucciola di nome Cuculla lo esalta, sempre per fargli avere l’ambito scranno a cui aspirava..
Anche duemila anni fa gli scontenti o i prevenuti non mancavano. “Stai con gli occhi aperti…”, scriveva l’anonimo pompeano ai suoi concittadini. Oppure: “Fai eleggere edile Caius e lui ti renderà la pariglia”. Insomma, a guardare indietro sembra che non sia cambiato molto.
Il consiglio che mi sento di dare ai vari candidati alla prossime elezioni comunali, provinciali ed europee, in fatto di pubblicità murale, è di lasciare ai leader nazionali gli investimenti in manifesti con più o meno sorrisi civettuoli e con parentela al seguito. Loro si preoccupino invece di programmi, d’idee e soprattutto di contattare la potenziale platea elettorale per farsi conoscere in carne ed ossa. La carta vincente è appunto il contatto diretto con l’elettore. Certo, i manifesti possono creare suggestioni varie, sia per l’eleggendo, sia per l’elettore, ma non sono determinanti per il successo. Se proprio bisogna usarli, lo si faccia per comunicare date d’incontri, di eventi, di riunioni. E, comunque, si tenga sempre a mente che i manifesti murali inquinano l’ambiente soprattutto se attaccati in modo selvaggio, come solitamente avviene, al di là degli spazi elettorali previsti dalla legge.