E’ proprio difficile fare delle previsioni su chi vincerà alle elezioni regionali. Più facile è congetturare una fuga dalle urne senza precedenti.
Partiti liquidi? No, inconsistenti se ci riferiamo alla vecchia definizione di partito politico: “Un’associazione tra persone accomunate da una medesima finalità politica, ovvero da una comune visione su questioni fondamentali della gestione dello Stato…”. A ben guardare, purtroppo, le problematiche basilari per la conduzione del Paese vengono lette tenendo conto degli interessi sempre più personali. E, allora, tutto è possibile. Un giro vorticoso di cambio di casacche tra i parlamentari. Dall’insediamento del Parlamento ad oggi – appena due anni – se ne contano ben 235. Traslochi repentini che con la condivisione di temi e strategie a favore del “bene comune” c’entrano poco. C’entra, invece, la rincorsa del “posto al sole” mascherata da giustificazioni che non reggono a lume di logica, tranne ovviamente in pochi casi che, comunque, confermano la regola.
I passaggi sulla “sponda opposta” a livello regionale non si contano più e non riguardano solo le seconde e terze file. Il caso di Gian Mario Spacca diventa emblematico di come si possa d’emblée trasferirsi dal Pd a Forza Italia. Dopo dieci anni da presidente della Giunta regionale delle Marche va a Forza Italia per poter essere riconfermato nel ruolo. Come giustificazione pare abbia invocato la costruzione di “intese dal basso” con gli ex nemici di FI, rinfacciando al suo ex capo, Matteo Renzi, che proprio lui non può scagliare nessun anatema visto che con l’ex Cavaliere sottoscrisse il Patto del Nazareno.
Nella campagna elettorale per le elezioni regionali i dissidi nei partiti sono all’ordine del giorno. Berlusconi contro Fitto in Puglia. Flavio Tosi, sindaco di Verona, sbatte la porta della Lega di Matteo Salvini e si candida a presidente del Veneto contro Luca Zaia. Pippo Civati lascia il Pd – già l’aveva fatto l’ex segretario della Cgil Cofferati – e sostiene con tutte le sue forze Luca Pastorino avversario della renziana doc Raffaella Patia, con grande gioia di Giovanni Toti, consigliere politico di Berlusconi, che comincia a sperare di poter vincere. Sarebbe per lui un doppio successo: esterno, per la conquista della presidenza della Liguria, ma soprattutto interno a FI perché lo legittimerebbe nella carica di “consigliere politico” di Berlusconi facendogli assumere il ruolo di “delfino legittimato” del presidente.
In Campania, poi, per il Pd sono arrivate le complicazioni. Già la candidatura dell’ex sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, vittorioso alle primarie, qualche problema se lo trascinava dietro. La condanna per abuso d’ufficio con l’applicazione conseguente delle norme della Legge Severino gl’impedirebbero, una volta eletto, di governare. Ma, al di là di tutto ciò, le cose si sono complicate con l’arrembaggio di tipi non proprio in odore di santità sul plausibile “carro” del vincitore. Tutto a vantaggio dell’uscente governatore Stefano Caldoro che pare stia risalendo nei sondaggi.
Insomma, più che un’aspra campagna elettorale per le Regionali sembra una resa dei conti all’interno dei partiti. E’ proprio difficile fare delle previsioni su chi vincerà. Più facile è congetturare una fuga dalle urne senza precedenti. Nelle elezioni regionali della Calabria e dell’Emilia e Romagna dello scorso novembre andarono a votare rispettivamente il 43 e il 38% degli aventi diritto. Un bel passo all’indietro. Ultimamente poi è arrivato il risultato del Trentino Alto Adige e della Valle d’Aosta a confermare che gli elettori sono sempre meno disposti ad andare alle urne.
Difronte a conclamati insuccessi elettorali c’è stato qualche presidente del Consiglio che si è dimesso. C’è solo costernazione da parte dei segretari dei partiti quando sono costretti a prendere atto che l’astensione aumenta, purtroppo, “senza fine”. Di questo passo con i partiti inconsistenti e con un elettorato che volta le spalle alle urne perché fa di “tutt’erba un fascio” i rischi per la democrazia non sono pochi. C’è proprio bisogno di ricominciare d’accapo ricostituendo i partiti secondo il dettato dell’art. 49 della Costituzione. Lasciando perdere, ovviamente, quelli personali.
di Elia Fiorillo