non c'è libertà senza passione!

C’è da immaginarsi la scena dello spirito di  Marco Pannella che assiste al funerale di Giacinto detto Marco, il suo appunto.

Se la morte non l’ha cambiato gli improperi si sono sprecati. Ma come, lui che ogni volta che poteva si lamentava per la mancanza d’informazione sulle sue iniziative e quelle dei Radicali e adesso, quando non c’è più, giù telecamere a gogò.  Giornalisti e politici, anche avversari di quelli tosti e sleali, che in prima pagina lo ricordano e quasi lo santificano, rimpiangendolo. Che coraggio! Che figli di…! E dov’erano  gli scribacchini di regime quando faceva, anche in condizioni precarie di salute, i suoi scioperi della fame e anche della sete? Era diventato un vecchio rompic… che riusciva a litigare anche con gli amici più cari, quelli di una vita, come Emma Bonino. In  verità, in fatto di litigi non era secondo a nessuno e questa  era una sua caratteristica che aveva sempre avuto. Insomma, non faceva più notizia. Anche se le notizie c’erano e  lui le costruiva giorno dopo giorno, su temi che alla partitocrazia imperante non interessavano, anzi erano contrarie alle loro illuminate posizioni. Una per tutte: l’eterna battaglia per le carceri.

Era riuscito, Marco Pannella,  a convincere Giorgio Napolitano, allora presidente della Repubblica, a indirizzare l’unico suo messaggio alle Camere sul tema del trattamento disumano e degradante dei detenuti nelle carceri del nostro Paese, come puntualmente certificano le sentenze della Corte europea di Strasburgo. Niente da fare. Non successe niente, qualche titolo di giornale eppoi tutto archiviato. Ma lui la lotta a favore dei carcerati l’ha sempre combattuta. L’ordine dei suoi avversari, nemmeno troppo gridato, era di lasciar perdere, di mettere il silenziatore alle sue battaglie, ai suoi proclami, ai suoi battibecchi a Radio Radicale con Massimo Bordin. Insomma, d’ignorare un cocciuto politico che di tutto poteva essere accusato, e lo era, ma non di essere un “politico”, che per lui – e solo per pochi altri suoi compagni – quel termine nella pubblica opinione non era un epiteto negativo.

Era riuscito, a dividere i cattolici con le sue battaglia sul divorzio e sull’aborto. Ma, forse, più che di frazionamento si potrebbe parlare di presa di coscienza, di consapevolezza da parte di tanti cattolici. «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Sono parole di Gesù che lui, Pannella,  utilizzò sempre per separare le due sfere, quella religiosa da quella civile, non però per metterle in contrapposizione.

Marco Pannella riuscì a far eleggere nel 1979 al Parlamento europeo e alla  Camera dei deputati un recalcitrante Leonardo Sciascia, che proprio un anno prima –  lui che era stato favorevole alla trattativa con le Brigate Rosse per la salvezza di Aldo Moro in contrapposizione al P.C. che era il suo partito – pubblica “L’affaire Moro” sul sequestro, il processo e l’omicidio del presidente della D.C.. Suscitò scandalo, quello che Marco cercava, l’elezione al Parlamento con ventimila preferenze nelle file radicali di Cicciolina, al secolo Ilona Staller, di professione attrice pornografica. Una provocazione certamente, ma a leggere poi le tematiche su cui sviluppò il suo impegno politico la Staller, ad esempio la promozione dell’educazione sessuale nelle scuole, le campagne d’informazione sui pericoli dell’AIDS, le problematiche dei carcerati oltre all’impegno per la pace nel mondo, la scelta poi  non fu poi tanto assurda come all’epoca si ritenne.

Pannella era visto con sospetto anche dai sindacalisti per via della sua proposta che i lavoratori e i pensionati ogni anno dovessero rinnovare l’iscrizione al Sindacato, senza nessun automatismo di delega. Certo, sul piano organizzativo un problema serio. Ma, forse, un modo per il Sindacato di essere sempre vicino ai suoi iscritti ed anche di selezionare sul campo la sua classe dirigente, mettendo da parte le rendite di posizione.

di Elia Fiorillo