di Elia Fiorillo
E ci mancava pure il presunto complotto contro il capo dello Stato, nonché l’ipotesi di ricatto, sempre a Napolitano, per le indiscrezioni relative alle intercettazioni telefoniche pubblicate dal settimanale Panorama. La questione si riferisce alle intercettazioni telefoniche del caso Mancino, ex presidente del Senato ed ex vicepresidente del CSM, che hanno tirato in campo anche il Quirinale.
I giudici di Palermo che conducono la delicatissima inchiesta sul possibile patto scellerato tra lo Stato e la mafia ritengono “irrilevanti” le intercettazioni che hanno coinvolto Napolitano mentre parla al telefono con Mancino, a quei tempi non indagato. Qualsiasi conversazione privata, la più banale tra due interlocutori, se resa pubblica può avere effetti delicati per i giudizi formulati in piena libertà e senza schemi. Pensate come potrebbe essere “rilevante” sul piano politico anche un leggero accenno critico fatto dal presidente della Repubblica a un partito, o a un personaggio politico. Se la privacy dei cittadini e’ importante non può essere da meno quella del primo cittadino della Repubblica. Infatti la Costituzione riserva norme di tutela specifiche proprio in fatto di privacy al capo dello Stato.
Si muovono critiche all’inquilino del Colle per aver sollevato conflitto di attribuzione alla Corte Costituzionale appunto per le intercettazioni che lo riguardano. E la motivazione del ricorso, che il presidente ha sottolineato più volte, non mira ad un tentativo personale di difesa, ma e’ un’azione istituzionale anche a salvaguardia dei suoi successori.
Certo, in una situazione tanto delicata per il Paese, in cui il capo dello Stato si e’ speso al massimo delle sue prerogative per evitare la destabilizzazione proveniente dalla crisi economica europea e mondiale, ridando credibilità e speranza al Paese, anche con la “costruzione” del governo Monti, polemiche di basso profilo che hanno scopi destabilizzanti sono inaccettabili. La tecnica usata in situazioni del genere e’ sparare ad alzo zero su colui che e’ considerato il più’ specchiato dei soggetti politici italiani. Più’ si colpisce in alto più’ la visibilità’ mediatica e’ assicurata. Il capo dello Stato non può’ essere immune da critiche, ma ci sono modi civili e non subdoli per esporle, se ovviamente si è in buona fede.
Credo che le rappresentanze della magistratura, in modo unitario, debbano far sentire la loro voce a tutela dello Stato democratico, mettendo all’angolo i tanti, anche magistrati, che pensano di difendere e rappresentare la magistratura usando gli strumenti della delegittimazione e della contrapposizione. Più’ che il CSM, proprio le rappresentanza dei magistrati, in modo unitario, devono riequilibrare quelle situazioni di contrasto con la politica che non servono al Paese. Iniziative del CSM in tal senso potrebbero essere viste e strumentalizzate come interventi punitivi tesi a bloccare iniziative contro il “potere”. C’e’ bisogno che i magistrati parlino attraverso le loro sentenze senza iniziative personalistiche alla ricerca del consenso.
I giornalisti a loro volta devono evitare la pubblicazione di intercettazioni che coinvolgono privati cittadini che non c’entrano con i reati giudiziari che si vogliono perseguire. L’Ordine dei giornalisti deve intervenire con mano pesante a difesa di chi fa con correttezza e scrupolo il proprio mestiere. Eppoi bisogna colpire, anche qui con mano pesante, chi fornisce materiale secretato alla stampa. Sarebbe fortemente educativo capire chi e perché e’ tanto prodigo a voler divulgare certe notizie.