di Elia Fiorillo
“Che bell’età, la terza età…”, cantava quel geniaccio di Marcello Marchesi negli anni sessanta. Giornalista, scrittore, regista, sapeva fiutare i giovani talenti e, soprattutto, li lanciava. Sue creature sono state Sandra Mondaini, Gino Bramieri, Sofia Loren, Gianni Morandi… Mi è venuto in mente Marchesi, con la sua canzoncina sulla terza età, pensando all’ultima uscita di Silvio Berlusconi sul tetto dei quarantacinque anni da imporre nel suo nuovo partito – “Italia Pulita”? – ai candidati al Parlamento. L’idea di rinverdire le due Camere dove la “Terza età” regna sovrana è cosa “buona e giusta”. Il problema è come arrivarci. Perché, parliamoci chiaro, solo l’età giovane non basta per cambiare. Uno dei difetti della politica italiana, e non solo della politica, è il leaderismo esasperato, che può diventare amorale. Ciò in quanto le leadership, al di là dell’età, si determinano in base alla fedeltà assoluta al Capo o ai suoi delegati. In second’ordine passano le qualità morali, professionali del soggetto da candidare. Puoi essere giovane e donna quando vuoi, ma se la logica è del “Padrone” – che non è in questo caso il Popolo sovrano – a cui dar conto sempre e comunque, si può comprendere che il rinnovamento sarà solo di facciata. Quando i partiti diventano monarchie assolutistiche ci può pur essere il rinverdimento, ma è solo una presa per i fondelli degli elettori.
Con questo non voglio sostenere che non è comunque positiva l’apertura della politica ai giovani ed alle donne. Anzi. C’è bisogno però di reti solide di protezione per far sì che le nuove leve possano far politica portando avanti, e cercando consenso, solo in base ai propri ideali e non ai tanti estorti “si” da dover pronunciare al Comandante del momento. Dal “porcellum”, l’attuale legge elettorale, si dovrebbe passare a breve a qualcosa di più digeribile per gli elettori. Ci dovrebbe essere il salto di qualità che trasformi il Parlamento dei “nominati”, in Corpo legislativo degli “eletti”. L’accordo della maggioranza attuale, Pdl, Pd e Terzo polo, su una nuova legge elettorale c’è. Bisognerà accelerare l’iter legislativo se si vorrà arrivare alle prossime elezioni con uno strumento elettorale che faccia sentire gli elettori partecipi e non succubi. Sarebbe la prima rete di protezione per i giovani candidati, che certo dovrebbero avere il consenso del Capo per poter entrare in lista, ma la legittimazione che conta la darebbero finalmente gli elettori.
Ma non basta. Il cambiamento passa per regole inconfutabili da inserire nel nostro ordinamento. Non più mandati elettorali ad “libitum”, ma massimo tre riconferme a tutti i livelli: Comuni, Province (fino alla loro abolizione), Regioni e Parlamento. Solo così si potrà realmente rinnovare e far largo ai giovani, ma anche a chi non più giovane ritiene di poter dare il suo contributo di “servizio” (vocabolo da riscoprire a tutti i livelli della società civile) al Paese.
C’è anche però da mettere mano all’articolo 49 della Costituzione che in modo sacrosanto riconosce ai partiti politici il ruolo d’insostituibile cerniera democratica tra i cittadini e le istituzioni. Al di là delle questioni relative al finanziamento pubblico che hanno dato tanto scandalo ultimamente per gestioni amministrative a dir poco assurde, per non usare termini ben più pesanti, resta il tema della democrazia interna ai partiti. Anche qui la rete di protezione per i giovani e non solo rimane il cambiamento programmato. Negli statuti delle compagini politiche ci dovrebbe essere un comma che preveda, a tutti i livelli di responsabilità, cariche ricopribili massimo per tre volte consecutive: dal segretario del partito, al tesoriere, al presidente; nessuno escluso. Ben vengano anche le “primarie” che però vanno ben regolamentate, magari con il doppio turno, per evitare brogli che già si sono verificati.
Mi si potrà obiettare che se anche fosse come da me auspicato “i grandi manovratori” rimarrebbero nell’ombra a tessere le proprie trame di potere. Certo che sarà così, ma diventerà sempre più difficile avere gestioni piramidali ed assolutistiche. “Il potere logora chi non lo ha”, ci ricorda Giulio Andreotti incontrastato esperto della tematica. Nel senso che puoi sempre macchinare dietro le quinte, ma una cosa è tramare, un’altra è gestire.