non c'è libertà senza passione!

di Giuseppina Amalia Spampanato

Erri de Luca_Il torto del SoldatoNe Il torto del soldato, edito da Feltrinelli, Erri De Luca ci racconta una storia dal sapore amaro. Sullo sfondo c’è la Seconda guerra mondiale, il nazismo, il dramma della shoah. Ogni pagina ha profondità e intensità, proprio come la lingua yiddish, di cui ne Il torto del soldato si scopre tutto il pregnante fascino. De Luca conosce bene questa lingua profetica che, per certi versi, gli ricorda il napoletano: entrambe lingue veloci, usano proverbi molto simili.

Nella prima parte del libro, emerge chiaro e forte l’amore dello scrittore per la lingua ebraica, il suo entusiasmo dinanzi al mistero delle parole tradotte, svelate. Ripercorriamo i sentieri della storia, lungo luoghi protagonisti di drammi incancellabili. De Luca ci parla di un viaggio a Varsavia, quando, operaio, partì per i luoghi della shoah, che siamo chiamati a rievocare per non dimenticare. Giunge poi nelle Dolomiti. Qui una sera, mentre è seduto in una locanda e legge le fotocopie di un testo in yiddish di Isaac Babel, dal titolo L’armata a cavallo, vede accanto al suo tavolo una donna sorridergli. Dopo poco un uomo anziano la raggiunge: sono padre e figlia e da loro prende vita la seconda parte del romanzo. “Sono decisa a raccontare questa mia vicenda a beneficio di chi potrà capirla meglio di me. Spero in un lettore che possa un giorno spiegarmela”: è la donna a prendere voce e ripercorre la sua infanzia, le estati a Ischia, lo stupore di scoprire che quello che le avevano indicato come suo nonno, era in realtà suo padre, la fuga della madre, il lavoro di modella all’accademia di belle arti. Un passato felice, spensierato, cui fa da contrappeso un presente angosciante, una vita condivisa con suo padre, un criminale di guerra, al quale non ha mai fatto domande, dal quale non pretende spiegazioni, perché non ci sono giustificazioni alle sue scelte. Tra di loro vige un silenzio opprimente, appena poche parole a incrociare le loro vite.

Attraverso due voci opposte, quella del soldato, ossessionato dai fantasmi del passato, e quella di sua figlia, divisa tra senso di avversione e il dovere di accudire il padre, emergono due punti di vista lontanissimi su quel che è stato il grande torto del Novecento. Il padre continua a credere che il torto del soldato sia stato la sconfitta, convinto che se avesse vinto lui, avrebbe riscritto la storia in un assurdo capovolgimento dei ruoli, incapace di vedere che, nel folle gioco al massacro, le vere vittime sono state i milioni d’innocenti, deportati o lasciti morire tra le strade di città rase al suolo. La figlia, invece, si ostina a credere che il torto del soldato sia stato l’obbedienza, perché non c’è momento storico o circostanza particolare che giustifichi i crimini paterni. Il punto di vista di De Luca, si sa, è quello incarnato in queste pagine dal dolore femminile, perché nel 1900 il torto del soldato è stato proprio quello di obbedire a ordini di strage, perché, come ricorda lo scrittore, “il Novecento è stato il secolo che ha inventato la guerra moderna, che ha distrutto più vite umane fuori lontano dalle trincee, che quelle di soldati schierati in campi di combattimento”.

La vita del vecchio soldato è ormai costellata da paure, manie e ossessioni. Incapace di accettare il fallimento hitleriano, cercherà risposte nella kabbalah ebraica, per ritrovarsi di fronte al mistero di segni alfanumerici, di numeri ricorrenti e parole che annunciano vendetta. L’uomo ormai non conosce serenità e vive temendo di ritrovarsi braccato, finendo catturato e processato.

Quella sera alla locanda, mentre la donna sembra scorgere nel volto dello scrittore un ricordo d’infanzia, quando a Ischia un giovane di poche parole le insegnò a nuotare e le rivelò la preziosità della leggerezza, unico bene cui aggrapparsi, il vecchio soldato è spaventato e insofferente. L’uomo crede di scorgere in quello scrittore che maneggia carte in yiddish chi gli toglierà la libertà. Non sarà così. Quella sera, padre e figlia troveranno ciascuno la propria libertà, pagandola con la vita, attraverso un drammatico volo.