non c'è libertà senza passione!

Trevignano (RM)

Trevignano (RM)

In questo “caldo” periodo di manifestazioni contro la riforma Gelmini è da pensare che forse mai c’è stata così tanta partecipazione e solidarietà verso la classe docente se non quando il decreto legge comincia a toccare la parte alunni. Insegnanti, ragazzi, genitori scesi in piazza sono stati concordi nel contestare le proposte innovative del governo. Le proteste hanno unito docenti e alunni nella stessa lotta. Ecco quindi risvegliato l’istinto materno che contraddistingue ogni insegnante di qualunque ordine e grado.

Eh sì, inutile negarlo, la società vede l’insegnante “donna”, almeno fino all’età puberale del ragazzo. E’ un tacito interscambio tra la conduzione scolastica e quella domestica che accompagna lo stereotipo della donna – docente. L’incremento femminile nel personale della scuola decresce man mano che si passa dalla primaria alla secondaria e all’università. In tal caso la componente maschile ha la meglio. Anche nelle materie d’insegnamento negli ultimi decenni si è avuta una maggiore affermazione femminile nella docenza scientifica, affidata in prevalenza agli uomini che, per tradizione, sembravano più portati per le discipline matematiche.

Le donne potrebbero infatti assumere un ruolo fondamentale nell’educazione dei giovani influenzandone il background culturale e le future inclinazioni. Qual è dunque il segreto di questa incalzante ottimizzazione femminile? Sicuramente dietro c’è l’espletamento di compiti paralleli che portano a meglio fruire delle proprie capacità organizzative e intellettive, doti queste, che consentono una migliore scansione dei procedimenti scolastici. Unico handicap nel riconoscimento della classe docente è il boomerang di ritorno: la maggior parte delle donne ha sempre visto la vita lavorativa un’appendice di quella familiare, tralasciando iniziative di lotta per il miglioramento della categoria in visione di una più allettante quota orario in favore di un limitato impegno quotidiano. Su questo argomento vi sono forti discordanze che vedono da un lato i soliti sostenitori di una tesi obsoleta che vede l’insegnante a “part time”, dall’altra, chi conosce i veri tempi e i problemi di una scuola che ti assorbe in un coinvolgimento sempre maggiore non assicurando purtroppo un adeguato livello economico conformato alla mole di lavoro. Le donne hanno fatto un passo in avanti anche in questo. L’esigenza di attestare la propria autonomia sociale e la dignità della professione saranno il motore per stravolgere anche questo settore che va pienamente rivalutato e rivisto in un disegno di legge che, a questo punto, potrebbe anche prevedere un tempo pieno a seguito di una prevista incompatibilità a favore di un netto miglioramento economico.

Annamaria Riccio