non c'è libertà senza passione!

di Giuseppina Amalia Spampanato

JOSÉ MUJICAJosé Mujica, presidente dell’Uruguay stupisce tutti con la sua storia. Sì, perché ormai, assuefatti come siamo dalla politica nostrana, ci stupisce che quest’arzillo leader politico viva con la moglie e l’adorato cagnolino in un antico casale semifatiscente, a pochi chilometri dalla capitale, immerso nel verde e nel giallo di erbacce arse al sole, con un piccolo pozzo al centro del cortile da cui trarre l’acqua ogni volta che serve. Lui, settantasettenne, vegetariano convinto, sfugge a ogni stereotipo del politico contemporaneo e per questo la sua storia sta facendo il giro del mondo. L’onestà fa ancora notizia e rende straordinario quello che, in un mondo giusto e democratico, dovrebbe essere prassi, niente più che ordinaria quotidianità.

Così, mentre noi ci perdiamo in lunghi dibattiti sulle primarie, sui vitalizi da concedere a giovani politici disoccupati dopo appena due legislature e mentre si varano leggi che limitano la libertà d’informazione, dall’Uruguay arriva la storia di Mujica. Ex esponente della sinistra rivoluzionaria, profano in materia di social network, privo di scorta e privilegi, rinuncia al palazzo presidenziale, destinandolo a dimora per i senzatetto, e sceglie di condividere il suo stipendio, devolvendone il 90% in beneficenza e trattenendo per sé solo quanto basta per vivere dignitosamente. Certo, però, ha un’auto blu, ma non quella che ci aspetteremmo di vedere parcheggiata nel suo cortile con tanto di autista, bensì un piccolo maggiolino, tutto sgangherato che, però, fa ancora il suo dovere. Insomma, pare che basti davvero poco per esser felici; quel poco che rende liberi e orgogliosi di sé; un po’ che basti a essere soddisfatti della propria vita e, soprattutto, a darle un senso.

Libertà, tempo per sé e per gli altri, solidarietà: sono questi i valori alla base della modesta ma felice vita del presidente dell’Uruguay, che si definisce un semplice contadino part-time. Guai a chi provi a etichettarlo come “il presidente più povero del mondo”! In una recente intervista alla BBC, infatti, Josè Mujica ha dichiarato di non sentirsi per niente un povero perché “i veri poveri sono coloro che lavorano solo per cercare di mantenere uno stile di vita costoso e vogliono sempre di più. Io non sono povero, ho tutto quello che mi serve, non ho bisogno di circondarmi di beni costosi. L’essere presidente non mi ha cambiato. Per me, avere poco è sinonimo di libertà, di non essere schiavo delle cose, di dedicarsi al lavoro e di fare quello che fa sentire bene, come stare in mezzo alla natura”.

A sentire lui, la ricetta della felicità è semplicissima e a portata di tutti, o, almeno, di quelli capaci di rinunciare al superfluo, accontentandosi della bellezza che c’è nella natura e nello sguardo di chi si aiuta, condividendo un tozzo di pane e un sorriso. Eppure, Mujica, conosciuto col nome di battaglia di “Pepe”, fa politica ormai da decenni e ne ha viste di cotte e di crude, sempre spendendo le sue energie nei valori in cui crede.

Militante del Movimento di Liberazione Nazionale Tupamaros, ispirato alla rivoluzione cubana e al credo dell’estrema sinistra della fine degli anni Sessanta, apertamente contro i governi in carica, Mujica fu arrestato e fuggì dal carcere più volte, trascorrendo ben 14 anni in galera, molti dei quali in isolamento, subendo persino torture atroci: anni di solitudine che l’hanno portato a riflettere sulla sua esperienza e sulle cose da fare per il proprio Paese. Quando nel 1985, col ritorno alla democrazia, fu emanata una legge che consentiva l’amnistia a tutti i reati politici e militari compiuti dal 1962, Mujica tornò libero e poté dedicarsi ancora alla politica, prima come deputato a Montevideo nel 1994, poi come senatore nel 1999, ancora come ministro dell’Agricoltura nel 2005, fino a esser eletto nel 2009 Presidente dell’Uruguay.

Nonostante il suo Paese si sia arricchito notevolmente negli ultimi anni, non mancano le critiche al suo governo, accusato di mancati progressi nell’istruzione e nelle politiche sociali, di avere proposto la vendita di parte di azioni d’imprese statali, la legalizzazione della cannabis, permettendone la produzione e la vendita e di aver approvato la legge che consente l’aborto fino alla dodicesima settimana. Insomma, le critiche non risparmiano proprio nessuno, neppure laddove è possibile una politica alternativa.