non c'è libertà senza passione!

di Fiorella Landro

Vignetta di Elena Manzini

In Italia i divorzi sono in aumento, ma non siamo ancora al livello di altri paesi europei. Separazioni e divorzi coinvolgono circa 250mila esseri umani ogni anno, però non ci siamo ancora avvicinati alle percentuali di Francia o Inghilterra, dovremmo allinearci. Potremmo fare sicuramente di meglio e considerare un traguardo da raggiungere, per non sentirci indietro rispetto ai cugini europei, un numero più cospicuo di unioni naufragate. Questo è quanto è emerso dalle dichiarazioni degli organizzatori e sostenitori di una iniziativa bizzarra e singolare, proposta, il mese scorso, nella ex capitale morale del nostro Paese. A Milano, infatti, si è tenuto il primo Salone italiano del divorzio, “Ex-punto e a capo”, un evento che fa eco ad altre iniziative simili, realizzate nel Nord Europa e negli Stati Uniti. La filosofia del Salone consisteva nel rappresentare il divorzio come un’opportunità. Verrebbe da chiedersi per chi? Sicuramente per le aziende, le associazioni, le agenzie di pierre e i professionisti del settore presenti all’evento, impegnati nel difficile compito di ‘aiutare le coppie a dividersi’.

In un grande hotel del centro, si potevano incontrare esperti di stylist, che consigliavano come rifarsi il look, per rimettersi in gioco grazie a un’ immagine nuova, più accattivante, in grado di attirare e incuriosire un nuovo partner. Agenzie di viaggi specializzate nel proporre itinerari per chi ormai ha deciso di lasciarsi le carte del divorzio alle spalle e di partire da solo. E poi, grazie ai suggerimenti di esperti agenti immobiliari, si poteva scegliere l’appartamentino a misura di single, arredato con gusto, dove trascorrere il primo periodo dopo il divorzio.

Parola d’ordine:sdrammatizzare! Non mancavano, inoltre, gli agenti finanziari per consigliare investimenti, più che altro prestiti, visto quanto costa oggi divorziare e quante drammatiche storie di separati ridotti in povertà si leggono sui giornali. E al Salone hanno voluto anche gli scrittori, i comici, i maghi e intrattenitori di ogni tipo, per allietare il popolo dei nuovi single. L’idea portante della manifestazione? Far credere ai visitatori che sia possibile vivere l’esperienza della disgregazione affettiva, con umorismo e leggerezza. La parola d’ordine del Salone? Sdrammatizzare. Infatti aggirandosi per gli stand di questa Fiera del divorzio, ci si poteva imbattere nella Piccola Bottega degli orrori con baratto, un vero e proprio punto di scambio, dove disfarsi dei regali dell’ex e riciclarli con oggetti meno odiosi. Proseguendo sempre nello spirito della leggerezza e del divertimento, si poteva scegliere di fare dramma-terapia, lo speed date, e avere qualche previsione per il futuro, per poi andare a guardare le proposte di una grande catena nazionale di negozi, che proponeva le cosiddette “liste di divorzio”, per prenotare i regali della nuova vita da single, da segnalare a vostra zia, agli amici e perché no, agli ex cognati, se siete rimasti in buoni rapporti.

Divorzio come business. Il divorzio insomma è diventato un business. Un’operazione di marketing e dunque bisogna progettarlo, porre in essere un efficace piano d’azione, un vero e proprio divorce planning, per raggiungere un’esistenza migliore, senza fare troppi drammi, magari approfittando di chi provvede a organizzare un divertente divorce-party, che già spopola negli Usa, ma che in Italia, a quanto pare non ha ancora preso piede.

Altra curiosità del Salone, la presenza di una sociologa serba, esperta della materia, che ha presentato la sua agenzia di Roma, dove offre servizi che rendano il divorzio facile, anzi dolce. Per esempio la consulenza legale, psicologica, economica e a richiesta anche la festa finale d’addio. E naturalmente c’è sempre la possibilità di farsi trovare un consulente per una sistematina all’immagine, come passo verso la nuova vita, che per molti “rappresenta una regressione finalmente verso gli anni della gioventù perduta”. La torta del divorzio, la festa, i regali, sono obiettivi da raggiungere ancora da noi qui in Italia. Il pericolo che si corre, in questo nostro mondo dei consumi, poco sensibile alla complessità dell’animo umano, è quello di esorcizzare il dolore, piuttosto che affrontarlo e comprenderne il senso e allora tutto, anche l’affettività diventa occasione di guadagno.

Banalizzare le esperienze devastanti? Il messaggio che potrebbe passare attraverso iniziative come quella del Salone del divorzio, è quello di poter trasformare un evento tanto delicato e doloroso della vita, in un business, banalizzando e svilendo il senso di un’esperienza devastante, come può essere il divorzio, scimmiottando tendenze americane e aspirando di allinearsi a standard europei nelle separazioni, come fosse un traguardo di civiltà e di progresso da eguagliare. Un approccio di questo tipo a una situazione che coinvolge la vita degli esseri umani, di tanti bambini senza colpe e che tende a cancellare volgarmente con torte, feste e altre trovate del genere un sentimento vissuto tra le persone, rischia di svilire la fine di un investimento affettivo importante come il matrimonio, che merita rispetto, in qualunque modo sia finito. Sarebbe utile invece proporre luoghi di imparzialità, giustizia e accoglienza per gli uomini e le donne che vivono nel disagio, nella sofferenza della separazione, offrendo loro opportunità di confronto, per non doversi sentire solo dei ‘concentrati’ di bisogni urgenti, ma delle persone con una storia da leggere, con risorse da riconoscere e attivare per riprogettarsi e vivere con maggiore consapevolezza, qualità e senso. Bisognerebbe essere consapevoli che la crisi della famiglia è una vera e propria emergenza sociale e che centri di accoglienza e sostegno della coppia, gestiti con professionalità e umanità, andrebbero istituzionalizzati, come già accade nella più civile Spagna.