di Adriana Matone
Belle e sorridenti Silvia Valentini, Flavia Valentini e Cristina Pouli mi accolgono nella loro classe di merletto a Javrè, in provincia di Trento, nel loro circolo culturale “Al filò dal lundì”.
È una vera e propria aula con i banchi, propri quelli che si usavano nelle scuole di merletto di un tempo: c’è anche la vecchia cattedra dove però, non si siede nessuna maestra.
Lasciati i tempi duri in cui la merlettaia era una semplice operaia e fare i pizzi al tombolo una buona alternativa per non rimanere a casa ed elevarsi da una situazione difficile e poco stimolante, queste giovani donne di oggi che lavorano al tombolo (che ho la fortuna di conoscere personalmente), sono delle vere e proprie artiste che utilizzano questa loro capacità per realizzare la propria personalità e creare qualcosa di bello e originale.
Chi è la merlettaia oggi?
È una donna che fa i merletti per passione, per una propria soddisfazione personale, per incanalare la propria creatività in modo femminile e per portare avanti una tradizione riadattandolo alla società moderna in cui vive.
Il merletto, infatti, non si fa a scopo di lucro ma per condividere insieme un momento della giornata.
Come si è formato il vostro gruppo?
Quando hanno pubblicato il libro (“Scuola statale pizzi e merletti di Javre’, a cura del Rotary club di Madonna di Campiglio”, ndr) alcune merlettaie di Javrè, che facevano i merletti a casa propria, si sono ritrovate e nel 2000 hanno fatto rinascere quest’arte come attività di gruppo che come tale si era interrotta intorno al 1980.
Questo tipo di attività in dialetto si chiama “filò” perché mentre si lavora si sente il rumore del fusello del tombolo e il rumore delle bocche che chiacchierano.
Siamo una vera e propria classe ma non abbiamo una maestra; così ci manca una guida tecnica, soprattutto per la riproduzione dei disegni originali, anche se così possiamo essere più creative.
Quant’è importante tramandare questa tradizione?
Importantissimo! Questa tradizione ha radici solide che affondano in un lontano passato in cui le merlettaie erano delle semplici operaie.
Noi, però, non riproduciamo in modo semplicistico il lavoro del passato: “sconvolgendo” un po’ l’antica tradizione rielaboriamo vecchi lavori e li rendiamo attuali, senza comunque dimenticare che noi esistiamo oggi perché nel nostro passato c’erano questo tipo di operaie.
Come organizzate e promuovete questa attività?
Organizziamo dei corsi per chi è interessato e anche dei corsi per bambini della scuola elementare: è bello poter vedere dei bambini felici perché con la propria manualità sono riusciti a farsi i braccialetti della squadra del cuore.
Inoltre partecipiamo a mostre, convegni e mercatini, ma non quelli in cui il folklore è fine a se stesso (infatti non usiamo mai il costume tradizionale) perché noi produciamo cose nuove e siamo più interessate a trasmettere un messaggio culturale.
Il merletto è fonte di scambi interculturali?
Assolutamente sì. A partire dalla nostra regione, il Trentino, perché conoscendo le merlettaie delle altre zone siamo riuscite a risalire alle nostre origini, poi siamo state anche in Francia, in Belgio e prossimamente parteciperemo alla Biennale Internazionale di San Sepolcro in cui arriveranno merlettaie da tutto il mondo.