non c'è libertà senza passione!

L’Italia, una Repubblica fondata sulla mediocracy

LansareHumanProgress-EndlessRegress-Mediocracy_98729In politica è sempre tutto possibile? Parrebbe di sì analizzando le ultimi vicissitudini dei partiti che stanno al Governo. Un giorno si grida alla crisi, l’altro alla stabilità dell’Esecutivo, s’intende sempre per il bene del Paese. Anche chi segue per passione o per professione la “politica” a volte – sempre più spesso in verità – certi passaggi non li comprende. Figurarsi i cittadini comuni non avvezzi ai contorcimenti contorti di talune posizioni. Due più due non fa più quattro, ma il risultato dipende da varie combinazioni, cause, concause, fatalità, sfondi e panorami economici e/o sociali e, anche e soprattutto, dall’interesse di parte, se non personale. Astrusità incomprensibili a chi è semplice spettatore di una rappresentazione che dovrebbe, tra l’altro, informare ed educare, ma non riesce a fare né una cosa, né l’altra.

Sostiene il professore Antonio Merlo, dell’University of Pennsylvania, che “L’Italia è una Repubblica fondata sulla mediocrità, una mediocracy. Cioè un sistema che seleziona e promuove scientificamente una classe dirigente di basso profilo che non è funzionale al Paese ma al partito. Al leader. Al segretario”. Giudizio severo che fa scattare un moto di fastidio, ma che se si ripensa al Porcellum, ed alle lentezze interessate per non modificarlo, allora non si può che… meditare.

Berlusconi va espulso dal Parlamento a scrutinio palese e non con il voto segreto com’è avvenuto in altri casi. La trasparenza prima di tutto! Lo sostiene con forza il Pd – ma non solo – nella preoccupazione che qualcuno, nel segreto delle urne, possa fare “magheggi” e salvare Silvio da Arcore. Ma lo scrutinio segreto non era a tutela dalle pressioni interessate dei capi, capetti sul parlamentare? Insomma, uno strumento democratico per far esprimere in piena libertà, appunto in “scienza, coscienza e volontà”, chi vota? Sembrerebbe di no. Il voto segreto non è trasparente. Eppure esso era già previsto dallo Statuto Albertino del 1848 ed era, art. 63, “sempre impiegato per la votazione del complesso di una legge, e per ciò che concerne al personale”, ciò per evitare pressioni improprie da parte del re e della corte. Sull’altro fronte Berlusconi, pedissequamente, continua a legare la sua storia processuale a quella dell’esistenza del Governo. Creando instabilità che certo non è il toccasana per un Paese che ha bisogno di credibilità in Europa e nel mondo. Qualche suo fedelissimo-lealista è arrivato ad ipotizzare che la stabilità è solo dei regimi dittatoriali. Se così è, allora l’instabilità vuol dire democrazia e, quindi, va perseguita costi quel che costi. Per fortuna non tutti la pensano come il lealista berlusconiano, con molta probabilità nemmeno il Cav. C’è poi l’ultimo “scandalo” che vede coinvolta la ministra tecnica della Giustizia, Annamaria Cancellieri, rea di avere in una telefonata intercettata dichiarato ad una famiglia da sempre amica, finita in guai giudiziari, di “essere a disposizione” e, successivamente, di aver preso penna e carta ed indirizzato una nota a chi di dovere perché preoccupata dallo stato di salute di una componente anoressica – e carcerata – di quella famiglia. Certi accusatori dovrebbero ricordarsi quante volte, per pura cortesia, si sono dichiarati “a disposizione” in telefonate di solidarietà. Ciò non significa che poi ci fossero conseguenti atti d’illegalità. Ben ha fatto il Ministro a dichiarare la sua disponibilità a rispondere delle sue azioni in Parlamento. Ma la presunzione d’innocenza – e soprattutto la prudenza, “retta norma dell’azione”, secondo San Tommaso d’Aquino -, non va applicata anche alla politica?

C’è poi un dubbio che viene al cittadino comune sentendo parlare di lealisti e non lealisti. Ma se i ministri Alfano, Lorenzin, Bernini, De Girolamo, Lupi, Quagliariello non erano i più rappresentativi – e in tal senso lealisti – del Pdl-Forza Italia, ma perché mandarli al Governo?

Abbiamo riportato solo alcuni esempi delle contraddizioni, dei nonsense che sono sotto gli occhi di tutti nell’attuale fase politica. Si potrebbe continuare dando sempre più ragione al professore Antonio Merlo ed alla sua ”mediocracy”. Il vero problema è come cambiare pagina. L’astensionismo che monta ad ogni competizione elettorale è il chiaro segno della decadenza democratica che però legittima-delegittimando la Casta al potere. Bisogna allora provare ad individuare una classe dirigente di alto profilo, morale soprattutto, che ridia fiducia nella politica, che resta qualcosa di essenziale nell’amministrazione della “polis”, per il bene di tutti, secondo la definizione di Aristotele. Come? Ripartendo dal basso.

Certo, le organizzazioni sociali e sindacali possono far molto nella politica del cambiamento, che non si può fondare solo sull’età. Devono però più che enunciare, praticare la loro autonomia da tutti i poteri. Solo così potranno dire la loro, suggerendo personaggi di alto profilo morale, che si sono distinti in diversi campi d’azione, da candidare. L’Italia ha bisogno sempre più di politica, quella vera, non di antipolitica.

 Elia Fiorillo