non c'è libertà senza passione!

di Elia Fiorillo

FNSIVenti righe di documento per affermare che “il Consiglio Nazionale della Stampa Italiana denuncia come la vicenda P4-Bisignani rappresenti una vera emergenza democratica il cui epicentro è il mondo dell’informazione”. E come non essere d’accordo sul fatto che “il potere”, di qualunque colore esso sia, prova – e spesso ci riesce – a mettere le mani sull’informazione per veicolare opinioni, idee, progetti che possano rafforzarlo. L’intestazione di quel comunicato-documento porta anche i voti con cui è stato licenziato: 71 a favore e due contrari. Una maggioranza schiacciante che annulla o quasi quel dissenso solitario. A volte però è importante capire le motivazioni del disaccordo su questioni così delicate che non possono – e non devono – ammettere divisioni. Quella pur minima disapprovazione è un “consenso” ai metodi dell’ex giornalista radiato Bisignani e dei suoi compagniucci? Non posso crederlo. C’è, credo, al fondo una preoccupazione di manicheismo, e proprio per questo significativa, del mondo della politica (ma anche per converso del giornalismo) in buoni e cattivi. Da una parte “quei giornalisti che non si arrendono al pensiero unico”, e dall’altra parte gli altri. Quelli che subiscono senza poter reagire o non subiscono affatto perché complici della varie P4.

Sui conniventi o favoriti nessuna pietà perché si sono messi in una condizione, anche se non rilevante penalmente, che limita la loro azione di terzietà tra la notizia e la gente. Il “pezzo” verrà scritto sempre con gli occhiali della parte che ti ha favorito, raccomandato, pagato sotto banco. La giustizia deontologica in questi casi dovrà fare la sua parte ragionando sulle imputazioni e non sulle appartenenze. Utopia? Forse, ma se non ci prova l’Ordine, non si può sperare che possano farlo altri.

Ci sono poi quelli che subiscono e non possono reagire. Quei giornalisti che “non hanno voce”; non sono dei sultani rossi o neri dell’informazione come, ad esempio, Michele Santoro, Lirio Abbate, Milena Gabanelli, giornalisti di alta professionalità che hanno certamente nemici, ma anche la dovuta immagine nei confronti dell’opinione pubblica (ed amici) per avere tutelati i propri diritti. Sono questi ultimi – i senza voce – che vanno difesi ad oltranza. E’ un errore portare avanti battaglie pur giuste per la difesa della Rai, con testimonial che sono i soliti noti, bianchi, rossi, o paonazzi. Non ci servono, anzi diventano elementi di disgregazione perché rappresentano parti schierate del giornalismo italiano. Per rinnovare i giornalisti devono anche ramazzare, prima di tutto, in casa loro. Sugli eventuali privilegi o compromissioni che dirigenti, sia dell’Ordine che del sindacato, possono avere.

L’assunto giusto del documento della FNSI è che certi fatti, veri “verminai di cricche pericolose” per l’informazione e per la democrazia del Paese, siano una vera emergenza democratica. Ebbene, l’emergenza democratica, che probabilmente c’è, non può essere vista unilateralmente da un pezzo, anche se maggioritario, del sindacalismo italiano. E’ molto meglio che ci sia un concerto “unico ed unitario” degli organi della rappresentanza della professione giornalistica del nostro Paese. Un’intesa non parolaia o ruffiana nell’ottica dell’autonomia dai partiti, potentati e via dicendo. Ritorna il discorso del “potere” che non sta solo da una parte.

Il singolo giornalista può pur esserlo di parte, le organizzazioni di rappresentanza no, se non vogliono trasformarsi nelle vecchie e ormai obsolete cinghie di trasmissione dei partiti. Non mi si venga a dire che i tentativi d’imbavagliare o meglio d’indirizzare l’informazione, di renderla funzionale ai propri interessi, viene solo da una parte politica. Fosse il cielo.

La manifestazione del 3 ottobre 2009, a difesa della libertà d’informazione e del diritto dei cittadini a essere correttamente informati, ebbe un vulnus pericoloso. Apparì un’iniziativa di piazza per abbattere il Governo. E quel giorno campioni della politica nostrana, produttori formidabili di querele contro la stampa, erano là a sfruttare il momento mediatico. Quell’evento diventò un’abbraccio mortale all’autonomia del sindacato “unico ed unitario”. La prossima manifestazione punti soprattutto sull’autonomia della categoria. Sarebbe una mossa vincente, veramente a difesa della libertà dell’informazione nel nostro Paese.