non c'è libertà senza passione!

di Silvia Bigi

Loverboy

Secondo recenti sondaggi, ogni due minuti in Romania una donna viene picchiata, e quasi sempre l’aggressore è il marito o il compagno. Molte non si ribellano nemmeno a tali soprusi: si limitano a sperare in un futuro migliore e continuano a dichiararsi innamorate dell’aggressore. Questa società patriarcale, tradizionalista e misogina, è anche la principale fornitrice di donne per il mercato della prostituzione.

Luca, protagonista di Loverboy del rumeno Catalin Mitulescu, spinge giovani ragazze a prostituirsi facendole innamorare di lui e promettendo loro un futuro insieme. Quando conosce Veli, qualcosa cambia. Si dichiara innamorato, eppure spesso si dimostra irascibile e violento. Lei lo serve e accudisce come una madre, ma questo sembra non bastare, qualcosa lo rende perennemente irrequieto e distante. Vorrebbe contraccambiare il suo amore candido e devoto, ma qualcosa pare impedirlo.

I film sono sempre specchio sociale, anche quando non aspirano a esserlo. LoverBoy vede il delinearsi del volto della donna rumena semplicemente raccontandosi, senza pretese di denuncia, come semplice specchio del reale. Le donne del film Loverboy sono donne alla deriva, co-dipendenti dall’uomo, perché nella loro terra questo sembra essere l’unico mondo possibile. Sono donne forti, molto più forti di quanto sappiano, ma vivono in un mondo di contraddizioni incolmabili. La Romania è un paese povero che aspira al benessere. Non raggiungendolo, lo emula nei suoi aspetti più superficiali e appariscenti. I ragazzi viaggiano su automobili costose, percorrendo strade sterrate che attraversano il nulla e indossano abiti firmati pur vivendo in roulotte. Le immagini del mondo consumistico spesso si insinuano in realtà differenti dal contesto che le ha generate e rese plausibili: ed è così che le donne diventano ambivalenti, perché ambivalente è il mondo in cui vivono. Accettano di essere al tempo stesso le madri e gli oggetti sessuali dei loro uomini. Come spiega Luca a Veli: il sesso e l’amore sono due cose diverse, è possibile prostituirsi se lo si fa al nobile scopo di mettere da parte soldi per costruire un futuro con il proprio uomo.

Forse non in Romania, ma il femminismo negli anni ’70 aveva cercato di liberare, almeno in parte, il corpo femminile da queste trappole. Eppure, mai come oggi il corpo della donna è lontano da questa liberazione. Esso è sprofondato in un vortice di aspettative non soddisfabili proposte dai media, i quali continuano a distorcere i nostri desideri generando frustrazione. Del resto, è l’ottica consumistica per eccellenza, desiderare qualcosa che non ci serve e che non possiamo permetterci di avere, anche quando si tratta del nostro stesso corpo. Queste distorsioni spingono le donne ai gesti più disperati, dalla chirurgia plastica all’ossessione per la forma fisica, sconfinando in disordini alimentari cui la società fa l’occhiolino. Non a caso si torna proprio oggi a riproporre questo argomento, come dimostra il documentario Il corpo delle donne di Lorella Zanardo sull’immagine del corpo femminile nella televisione italiana.

Scrive Lea Melandri, nel libro Partire dal corpo, che la violenza sulla donna esiste dall’alba dei tempi e si basa su una scomoda verità: l’uomo si accanisce contro il corpo che l’ha generato. La violenza è sempre esistita, ma solo di recente è uscita dal privato e dal silenzio. Loverboy ci mostra un mondo dove questa violenza, quotidiana e costante, rimane celata nell’intimità. Le donne che Luca seduce e fa innamorare, si rifiutano di denunciarlo, perché credono nell’amore sopra ogni cosa, anche a costo di rinunciare al loro stesso corpo, alla loro identità. C’è qualcosa di assurdo in tutto questo.

Freud affermava che ci fosse un fattore molesto nella civiltà: l’uomo non è una creatura mansueta, infatti, spesso si accanisce proprio sull’oggetto d’amore di cui avrebbe bisogno. Secondo lui, l’eros è in conflitto con la civiltà, perché il primo implica una chiusura al mondo esteriore (la coppia o la famiglia diventano entità che bastano a se stesse) e questo crea frustrazione causa la naturale propensione umana a vivere nella civiltà. In poche parole, l’amore è un ostacolo agli altri rapporti. Eppure una forza istintiva ci spinge a cercarlo.

È possibile amare – amare veramente – una donna in un mondo in cui è vista soprattutto come oggetto sessuale, dove il suo corpo è merce e il suo ruolo immutabile? Loverboy ci risponde che, semplicemente, è difficile.