Roma o morte fu l’impegno perentorio pronunciato da Giuseppe Garibaldi. E per il mitico Giotto “Roma è la città degli echi, la città delle illusioni, e la città del desiderio.”
Questi due noti aforismi sulla capitale d’Italia possono ben essere utilizzati per comprendere ciò che sta avvenendo all’interno del Movimento Cinque Stelle, e non solo.
Ormai per i pentastellati Roma Capitale è un problema vitale, in tutti i sensi. La conquista politica di Roma con la sindaca Virginia Raggi può essere il trampolino di lancio per palazzo Chigi, oppure “la morte” politica di tutto il Movimento. Lo ha capito bene Beppe Grillo che pur avendo fatto un “passo di lato” alla guida del suo “non partito”, quando ha sentito “gli echi” di zuffe tra i suoi grillini provenire dal Campidoglio si è precipitato a Roma per dare il suo pieno sostegno alla neo eletta Raggi. E come poteva fare diversamente? Virginia è per Beppe la prima cittadina della “città del desiderio”, ovvero della città che può cancellare le “illusioni” di potere dei democratici e del suo segretario, nonché presidente del Consiglio. Roberta Lombardi, detta la Faraona, componente del mini direttorio d’appoggio – meglio forse controllo – del Sindaco, ma anche sua rivale, esce di scena. La motivazione ufficiale delle dimissioni è l’organizzazione della manifestazione di “Italia a 5 stelle”, che si terrà a Palermo il 24 e 25 settembre, la cui preparazione l’impegnerà moltissimo, “purtroppo per questo il mio supporto nello staff romano sarà differente”.
Differente o inesistente? La notizia delle dimissioni della Faraona Virginia l’ha presa con un significativo: “Ce ne faremo una ragione”. Resta il problema del governo di una Capitale ritenuta da molti ingovernabile. La squadra faticosamente è stata costruita, bisogna adesso passare dalle parole ai fatti, ben sapendo che gli occhi – ma anche i gufi – di tutto l’arco costituzionale, come si diceva una volta, ce li ha puntati addosso.
Se Roma è un banco di prova di quelli fondamentali per i Cinque Stelle, non vanno sottovalutati anche certi comportamenti che danno un’immagine negativa al Movimento che si è candidato alla guida del Paese. I fatti di Napoli non possono non impensierire il garante Grillo ed il suo direttorio. In fatto di espulsioni si dovrà cambiare pagina a partire dalla vicenda del sindaco di Parma Pizzarotti. I giudici napoletani hanno accolto la richiesta di riammissione di venti attivisti espulsi a febbraio. La loro cacciata è stata considerata illegittima. I giudici di Napoli, citando l’art. 49 della Costituzione, ritengono che il Movimento possa essere considerato un partito. E, ancora, per quanto riguarda il “non Statuto”, sostengono che: “al netto di efficaci artifici dialettici, che rientrano nella propaganda politica, altro non è giuridicamente che uno statuto”. Il provvedimento di reintegro è provvisorio, ma tutto fa pensare che possa diventare definitivo, cosa che aprirebbe per Grillo e i suoi un bel po’ di problemi. Il primo fra tutti una gestione diversa del “non partito” che poi, secondo la magistratura napoletana, non è altro che un partito a tutti gli effetti. Ma, in verità, non tutti i mali vengono per nuocere. Se ti canditi ai massimi vertici dello stato, per quanto anticonformista tu possa essere, alcune regole basilari non puoi ignorarle. C’è bisogno di un meet up urgente per i grillini. Se si va però un po’ indietro nel tempo e si analizzano i comportamenti, ad esempio mediatici, dei pentastellati si possono notare i vari cambi di passo avvenuti. Anche stavolta sarà così.
Ha proprio ragione Luigi Di Maio quando afferma: “Il nostro percorso verso il governo del paese passa per i Comuni dove abbiamo inserito più consiglieri”. In quei comuni citati da Di Maio si vedrà la “nobilitate” politica-gestionale dei Cinque Stelle. In altre parole: “Roma, o morte”.
di Elia Fiorillo