non c'è libertà senza passione!

Scrivere in rete, contro la rete. Si può. Anzi, si deve. Si può, perché è libera, aperta a tutti, specie ai nativi digitali e affini, e a tutto. Anche al libero arbitrio.
Democratica per questo?

Malata di populismo piuttosto, deriva dei giorni nostri, suo malgrado. Si deve scrivere contro la rete, specie se si ha un vissuto nel mondo dell’informazione, tradizionale. Per cercare di fare chiarezza tra informazione, appunto, e comunicazione.

Mi hanno radicato, sul campo, la differenza quasi 36 anni ormai di onesto servizio da cronista di provincia. Giornalista professionista, o professionale com’è riqualificato ora, che ha onorato il servizio, più spesso sportivo, cercando, verificando per renderle il più possibile attendibili e competenti, scrivendo e pubblicando notizie sulla carta stampata, quotidiana. Notizie, quindi, non semplici informazioni, voci, illazioni che la rete diffonde a piene mani, assieme a comunicazioni istituzionali o a fonti preposte all’informazione. Visto che ormai questa insegue la rete, dopo l’era delle tv modello per la carta stampata che non riuscirà a suicidarsi anche stavolta.

Tra questa massa informe, diffusa ogni giorno 24 ore su 24 in rete, e l’informazione più spesso non c’è alcuna mediazione giornalistica. Il che la lascia allo stato di mera comunicazione, come quella di tradizione orale fatta dai barbieri, “giornalisti” ante litteram prima ancora dell’avvento delle gazzette letterarie. Perché la rete fa, soprattutto, comunicazione e mette in comunicazione. Con due vantaggi innegabili, ma anche svantaggi pericolosi, rispetto all’informazione tradizionale (carta stampata, tv e radio): arriva dappertutto e, per di più, in tempo reale. Alimentando il dibattito mediatico, in una società globalizzata che ormai fa un uso e un consumo compulsivo delle informazioni e non soltanto di quelle, prima ancora di ogni possibile e necessaria verifica.

Ecco, quindi, che per trasformare quella massa informe da comunicazione in informazione resta fondamentale la mediazione giornalistica, attenta e scrupolosa che vada al di là di ogni possibile manipolazione e condizionamento. Dai quali, comunque, neanche la rete è immune. Anzi, è facile da penetrare e pressoché gratuita da scalare. Mediazione giornalistica, misconosciuta e con la tendenza a sottopagarla per miope calcolo delle moderne linee editoriali. Tendenze che rischiano di calarci in una bolla mediatica dopo quella finanziaria di sistema, che ha sprofondato il pianeta in una crisi economica infinita, anche strumentale.

Mediazione giornalistica, invece, indispensabile per un’informazione seria, corretta e davvero democratica, specie se fruibile anche dai non nativi digitali e affini. In poche parole, informazione di qualità e come tale remunerata, che ha visto nascere anche nella conclamata crisi editoriale nuove testate che tengono il mercato, tradizionali e web, originali fin dall’assetto proprietario con partecipazione diretta dei giornalisti che le producono. Informazione di qualità tanto più utile nel mondo globalizzato di oggi, che va di corsa ed è travolto dalla quantità.
E scusate se non sono stato nei 140 caratteri di un tweet.

di Valerio Morelli