non c'è libertà senza passione!

Bersani non delude mai i suoi fan: geniale, colto, intimista, mai banale e sempre originale. Il suo nuovo album si intitola Nuvola numero nove, traduzione letterale dell’inglese “cloud nine”, che in italiano sta per “settimo cielo”. Un disco introspettivo, sintomatico di un momento di grande serenità per l’artista, che si riaffaccia sulla scena discografica dopo quattro anni da “Manifesto Abusivo” e dopo la parentesi sanremese, valsa nel 2012 il premio della critica “Mia Martini”.

Samuele BersaniNuvola numero nove è stato anticipato dal lancio del video “En e Xanax”, in rotazione radiofonica già dal 30 Agosto. Diretto da Nicolò Massazza, del duo di video-artisti Masbedo, fotogramma dopo fotogramma, il video racconta la storia di una coppia che ritrova insieme la forza e la voglia di vivere, superando le proprie debolezze. “En e Xanax” è una delle canzoni più importanti per Bersani, un brano che segna una svolta, un bilancio personale, particolarmente sentito, al punto da tatuarsene il titolo su un braccio. Che sia un pezzo importante, lo conferma lo stesso Bersani con un messaggio su Facebook: «Per essermi tatuato per la prima volta in vita mia, significa che “En e Xanax” è per me una canzone veramente Speciale, come Speciale è la storia che c’è dietro…». E speciale lo è davvero, perché è una canzone autobiografica, nata da un incontro vero, fortuito, partito da una corrispondenza epistolare sempre più fitta e dalla voglia di raccontarsi, mettendo a nudo i propri limiti, fino all’uso di ansiolitici, per ritrovare poi insieme la voglia di lottare e di vivere, scoprendosi straordinariamente forti e innamorati.

Un brano dolce; malinconico ma speranzoso. Un pezzo dal sapore agrodolce, di quelli destinati a far parlare di sé, a stupire e commuovere. Un testo non da tutti. Un mettersi a nudo senza paure. “En e Xanax” è un ritratto di molti drammi moderni, avvelenati dalla malattia, dagli attacchi di panico, dal fantasma della depressione. In pochi versi, tanti sono gli stati d’animo: c’è la solitudine, l’attesa, la fragilità, la sofferenza, la speranza, l’amore, la certezza che la solitudine patologica, se condivisa, diventa più sopportabile, fa meno paura, vince i fantasmi della mente e del cuore.

L’amore come la musica può essere un appiglio, un’ancora cui aggrapparsi, un porto sicuro in cui approdare, un campo verde in cui tornare a respirare e rinascere. E in questo nuovo album Bersani rinasce; è più intimista, più attento alle dinamiche umane, ai sentimenti, alle rivoluzioni personali più che sociali. Se “Chiamami Napoleone” e “D.A.M.S.” tratteggiano i contorni della realtà più contemporanea, canzoni come “Complimenti”, “Desirée”, “Ultima chance”, “Settimo cielo”, “Reazione umana”, “Spia polacca” e “Il re muore” sono testi di un Bersani inedito, più maturo e consapevole, pronto a scandagliare la sua anima, a far tesoro dei propri limiti, senza aver paura di raccontare le piaghe più difficili da sconfiggere.

Piccola nota lodevole è la scelta di avvalersi per tre brani della collaborazione di giovani musicisti scoperti per caso sul web: Gaetano Civello per “Spia polacca”, Gregorio Salce e Matteo Fortuni per “Desirée”, la band degli Egokid per “Il re muore”. Un gesto sentito e dovuto, quello di dare una possibilità ad artisti sconosciuti, la stessa che, a soli vent’anni, Samuele ebbe dal maestro Lucio Dalla, sua guida e suo grande amico. D’altronde, la scelta stessa di registrare nello studio di Dalla rivela un grande omaggio al cantautore scomparso, il dono di un allievo al proprio maestro. Altra chicca è la copertina dell’album: nata da una foto fatta con lo smartphone a Cattolica è ispirata ai quadri di Magritte, eppure, così vicina all’artwork dell’album Dalla da essere frutto forse di una scelta non casuale.

Giuseppina Amalia Spampanato