non c'è libertà senza passione!

di Elia Fiorillo

Non sempre le ricette di Mario Monti hanno soddisfatto e convinto i suoi stessi sostenitori. Troppe tasse, troppa disoccupazione; una crescita economica che non si vede. Certo, c’è la congiuntura negativa, lo spread e tutto quello che ne consegue, ma la sofferenza nella società civile è palpabile. I privilegi rimangono: sono stati solo un poco scalfiti. Sono i soliti noti a pagare, in primis il mondo del lavoro. Eppure il senatore a vita Monti, suo malgrado stante le dichiarazioni da lui fatte, si vede candidato premier per la prossima legislatura. Con lo slogan “dopo Monti c’è Monti” lo candida Pier Ferdinando Casini nell’occasione del lancio della sua “Lista per l’Italia”. Gli risponde con immediatezza il leader del Pdl, Angelino Alfano, che pur non scartando l’idea, pone una condizione non accettabile da Monti, cioè quella di farsi eleggere. Ed è evidente che il problema che gli si porebbe è quale compagine scegliere per farsi votare. Si possono ben immaginare i commenti, le illazione sulle scelte fatte dal suo governo se decidesse il grande passo del consenso elettorale.

Solo in un caso “dopo Monti ci potrebbe essere Monti”, se l’attuale maggioranza lo designasse prima delle elezioni, facendo una campagna elettorale ispirata all’attuale filosofia di governo con ipotesi migliorative condivise sulle tematiche che stanno più a cuore ai cittadini: lo sviluppo, l’occupazione, la pressione fiscale, la giustizia. Ma, in un’ipotesi del genere, il Pd, il Pdl ed il Centro di Casini andrebbero alle elezioni si divisi, ma con un patto di futuro governo che sottoporrebbero agli elettori. Spiegando ai cittadini che “cambiare non si può”, per lo meno nella fase attuale. Utopie? Forse. In politica tutto può essere: mai dire mai.

Con Monti o senza di lui il Paese ha un problema serio da risolvere, che è quello di uscire dal tunnel della transizione che ormai si trascina da vent’anni. La seconda Repubblica è stata, per certi versi, la continuazione della prima con un grande limite: non c’erano più i padri fondatori. Non c’erano più gli argini tra le idealità e gli interessi personali e di gruppo. Soprattutto non c’era una visione realista del futuro, dell’Europa, della globalizzazione. Da questo punto di vista il governo Monti ha rappresentato il ritorno alla realtà. Lo “Stop” forte e deciso con il passato. Con il professor Monti o senza di lui adesso ci vuole comunque il “Go”.