non c'è libertà senza passione!

La società civile fu chiamata in aiuto dal Pd di Bersani per la nomina di due consiglieri di amministrazione della Rai: l’ex magistrato Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi. L’immagine negativa dell’eterna lottizzazione dei partiti pesava sulla Rai e, allora, ci s’inventò la scelta extrapolitica. Che poi, a guardar bene, era un escamotage dimostratosi tale proprio in questi giorni. Sia Tobagi che Colombo, all’atto del loro voto favorevole per il ricorso al Tar contro il RAI_Ph Riccardo Cattaniprelievo forzoso da parte del Governo di 150 milioni, si sono visti sparare addosso proprio dal Pd. Altro che società civile, i posti erano in quota democratica e, quindi, non si poteva votare contro l’Esecutivo a guida renziana. Ma quel prelievo si poteva fare? Sembra proprio di no a detta di alcuni costituzionalisti intervistati in proposito: i soldi introitati con il canone vanno spesi per la Rai e basta. Semplice questione di legalità. Ugualmente sul fronte di Forza Italia qualcosa non ha funzionato. L’ordine del giorno presentato da Antonio Verro – area Fi – non ha avuto il consenso di Luisa Todini, che all’epoca delle nomine fu designata dal Pds e Lega. Per l’attuale presidente delle Poste non si può fare ricorso contro il proprio azionista. E se quest’ultimo sbaglia? La signora Todini dichiara che: “È per una questione di moralità che lascio la consigliatura Rai: quella del Cda è una decisione irresponsabile… ” Non si comprende perché l’attuale presidente delle Poste non si sia dimessa all’atto dell’incarico avuto dal Governo Renzi, si sarebbe risparmiata un’arrabbiatura contro i colleghi del Cda, e anche forse problemi con chi la designò.

Ci sono i dietrologi che pensano che la paura, tra l’altro, abbia mosso i consiglieri anti prelievo. Il terrore che qualche “autorità” – fra qualche anno – potesse contestare l’accettazione (illegale?) del trasferimento dei 150 milioni. È vero che son soldi dirottati dal Governo per altre cause, ma non si sa mai nel nostro bel paese in cui i confini tra il legale e l’illegale si misurano in base ai colori delle maggioranze politiche. In tal senso può essere letto il voto contrario di Marco Pinto, designato a suo tempo dal ministero dell’Economia del Governo Monti. Insomma, ognuno in questa storia ha le sue buone ragioni, personali e politiche, per aver scelto il “si” o il “no” all’Ordine del giorno del consigliere Verro. Sarebbero stati smentiti dal voto a maggioranza del Cda Rai contro il prelevamento quelli che vedevano nel taglio dei fondi un codicillo del Patto del Nazareno sulla tivù pubblica: tenere ferma la Rai per favorire Mediaset. Un pensierino di tal genere fu attribuito anche a Pier Luigi Bersani.

Tutti d’accordo, invece, sull’operazione RaiWay – la rete dei ponti che trasmette il segnale – quotata in borsa proprio il giorno delle divisioni del Cda, che ha fatto registrare un +4,68%. Ma con la Borsa non si scherza e il segno “più” si può trasformare in un “meno” in tempi minimi se non c’è impegno e coerenza nella gestione aziendale.

In fatto di senso della notizia il presidente-segretario Renzi non è secondo a nessuno, nemmeno all’ex Cav. Silvio Berlusconi inventore della “mediaticità” coniugata con la politica. Il caso Cda Rai è già storia del passato, soppiantata dall’annuncio delle novità che riguardano appunto il futuro Servizio pubblico. Canone pagato da tutti – e dimezzato – nella bolletta dell’elettricità. Non più un direttore generale ma un amministratore delegato. Un Cda non lottizzato ma composto da cinque esperti del settore scelti in una rosa di “competenti” votati a Camere riunite. Insomma, una vera e propria rivoluzione. Tutto ciò entro pochi mesi, prima della scadenza dell’attuale Cda.

A piazza dell’Indipendenza, a Roma, al civico cinque, a pochi passi dal Palazzo dei Marescialli, sede del CSM, c’è la casa dove visse e morì Tommasi di Lampedusa, l’autore del Gattopardo. Si legge sulla targa che lo ricorda: “Se vogliamo che tutto rimanga come è bisogna che tutto cambi”. Auguriamoci che per la Rai non sia così, ma anche… per la riforma della Giustizia.

di Elia Fiorillo