non c'è libertà senza passione!

di Giuseppina Amalia Spampanato

Dal Film “Venuto al mondo”

Il nuovo film di Sergio Castellitto, “Venuto al mondo”, conquista davvero tutti. Pochi i detrattori, tanto il successo di critica e pubblico per quello che si candida a essere il capolavoro di uno dei nostri registi più apprezzati all’estero. Se con “Non ti muovere”, i dissapori erano stati tanti per quelle scene violente e dense di passione, Castellitto ci ha riprovato: ancora una volta una pellicola tratta da un omonimo romanzo della moglie, Margaret Mazzantini, che in due ore e sette minuti racconta, in un crescendo di emozioni, una storia, sì violenta, ma appassionante e straordinariamente poetica. In una sequenza di scene epiche in continuo divenire, il film cattura lo spettatore in un intreccio che non indugia alla retorica e al sentimentalismo e non lascia mai presagire un ipotetico finale. Un film che ritrova poesia tra le macerie, tra orrore e violenza; vita che nasce tra morte e crimini efferati in un viaggio alla scoperta di una verità che è sempre diversa da quella che immaginiamo. Amore, desiderio di maternità a ogni costo, orrore della guerra, passione e rinascita sono i temi magistralmente intrecciati in questa pellicola che avvicina l’Italia e la Bosnia, facendoci conoscere una terra incrocio dell’Est e dell’Ovest di un continente ricco di storia e contraddizioni.

A Sarajevo le diverse culture e religioni si mescolano nelle stesse strade, dove convivono moschee e sinagoghe, chiese ortodosse e cattoliche, nel solco di una lunga tradizione di società multietnica, che reca in sé le antiche tracce degli imperi Bizantino e Ottomano da est e degli imperi di Roma, di Venezia e di Vienna da ovest. Una città ospitale, che, però, negli anni ’90 del Novecento ha rischiato d’esser rasa al suolo da un odio assurdo proveniente dal resto della Bosnia. Un incubo che fa fatto tante vittime innocenti, ma ha anche visto innescarsi un’incredibile solidarietà, che ancora oggi si percepisce attraverso i racconti di chi, vincendo le proprie paure, salì a bordo di un furgone carico di aiuti umanitari e percorse strade polverose, mentre fuori il mondo sembrava dimenticarsi di quella terra e delle anime che la popolavano. Viaggi che hanno cambiato molte vite, hanno reso le persone diverse, incapaci di dimenticare dopo aver visto l’essenza della vita che scorre sotto l’apparenza. Viaggi che ritroviamo in “Pianoterra” di Erri De Luca, con “Le notti di maggio del ’99”, dove impariamo che andare lì per uno scrittore napoletano significa fare “atto di residenza, non di resistenza” e istaurare una straordinaria amicizia con Izet Sarajlić, un poeta che ci lascia amare e vivere Sarajevo nella sua resistenza sotto quel cielo bombardato, nella sua classifica del fuoco e nell’amore per l’unica donna della sua vita. Izet, prigioniero volontario di un accerchiamento che avrebbe potuto evitare, non fuggì, restò al fianco del suo popolo, scelse di condividerne la malora, piantando versi di speranza nella solitudine di un Paese che crollava sotto i suoi occhi. Scelse di essere uomo tra gli uomini. Non un privilegiato, ma un poeta che seminava speranza e resistenza anche nelle tenebre.

Le straordinarie atmosfere evocate anche dal Premio Nobel bosniaco Ivo Andrić nei “Racconti di Sarajevo”, oltre che nella letteratura, vivono nella musica, perché questa meravigliosa, città multietnica e multiculturale, ha dato i natali a un musicista del calibro di Goran Bregović: un condensato esplosivo di ritmi sfrenati, quasi selvaggi, sacralità e malcontento, nostalgia e riscatto, libertà e indipendenza. Suoni gitani mescolati alla voglia di far festa; musica sotto le cicatrici per liberare un cuore ferito da ricordi che segnano un’esistenza. E ancora Sarajevo, con una sua coraggiosa Miss, ha ispirato una delle più belle canzoni degli U2, “Miss Sarajevo”, di cui è impossibile non ricordarne il testo: “c’è un tempo per mantenerti distante | un tempo per guardare altrove | c’è un tempo per tener giù la testa | per proseguire la tua giornata…| dici che il fiume | trova la via al mare | e come il fiume | giungerai a me |oltre i confini | e le terre assetate”.

No, Sarajevo non morirà mai; non sarà dimenticata, perché ci sarà sempre un poeta o un musicista incantato dalla sua meraviglia.